Lilith e Tamara de Lempicka
Nella miniserie di diciotto numeri intitolata "Lilith", di cui Luca Enoch è autore sia dei testi che dei disegni, il fumettista immagina un mondo distopico del futuro nel quale gli esseri umani sono costretti a vivere nel sottosuolo per non incontrare la minaccia del Triacanto. Si tratta di un parassita alieno chiamato con mille nomi: spiromorfo, triunco, tricuspide, spinoforme, trìfido, tridacna, trinàcrio… Triacanto. Esso ha prosperato per millenni all'interno degli esseri umani che sono stati portatori inconsapevoli, ignorato da tutti fino alla Grande Germinazione. La scienza umana però si è molto evoluta e questo futuro di stenti e privazioni può essere cambiato da un cronoagente, una giovane donna generata e cresciuta per questo scopo, a cui viene affidata la missione di salvare l'umanità. Il suo nome è Lyca, la "bambina perduta" citata nei poemi di William Blake. Lyca (Lilith) dovrà percorrere lo spaziotempo come una terribile predatrice alla ricerca dei primi portatori del Triacanto ed estrarlo da questi prima che esso si diffonda in modo irrecuperabile, lasciandosi alle spalle qualsiasi pietà e scrupolo morale.
Le pubblicazioni di Lilith, per opera della Sergio Bonelli editore, sono iniziate nel 2008, per terminare nel 2017. In questo articolo ci soffermiamo in particolare sul numero 14, intitolato “L’età della catastrofe”, uscito in edicola nel giugno 2015. In questo episodio Luca Enoch manda la sua eroina a Parigi nei primi anni trenta, agli albori della seconda guerra mondiale. Il fumettista, come dichiara lui stesso nell’editoriale, ama questo periodo storico ed in particolare si diverte a disegnare alcuni modelli aerei che esistettero solo su carta ma non vennero mai costruiti: l’Horten HO 229; il Triebflügeljäger (ala potente) della Focke-Wulf a decollo verticale; il Heinkel Wespe con ala ad anello.
Ci interessa porre la nostra attenzione su alcune paginette, poche per la verità, solo dieci, nelle quali Enoch fa incontrare la sua protagonista con la pittrice Tamara de Lempicka.
Tamara de Lempicka è attualmente considerata una delle donne più rappresentative e audaci dell'Art Déco, tanto da divenirne l’icona a livello mondiale. Nata Maria Rozalia Gurwik-Górska (Varsavia, 16 giugno 1894 – Cuernavaca, 18 marzo 1980), rappresenta una figura emblematica nel mondo dell’Arte e in particolare in quello degi anni trenta. La sua vita e la sua arte, segnate da un’eleganza ribelle e da uno stile inconfondibile, hanno lasciato un'impronta indelebile nella storia della pittura del Novecento.
Origini e formazione
Figlia di Malvina Decler, di origini polacche, e di Boris Gurwik-Górski, benestante ebreo russo, Tamara dovette fare i conti con il dolore per la prematura scomparsa del padre. Cresciuta insieme alla madre, ai fratelli Stanisław e Adrienne e sotto la protezione della nonna Clementine, la giovane artista iniziò presto a viaggiare. Nel 1907, accompagnando la nonna in Italia, ebbe il primo assaggio della ricchezza culturale delle città d'arte italiane. Successivamente, il trasferimento in Francia le permise di apprendere i primi rudimenti pittorici grazie a un maestro locale di Mentone. La sua formazione si articolò tra la scuola Villa Claire a Losanna, in Svizzera, e un prestigioso collegio polacco a Rydzyna. Alla morte della nonna, Tamara si trasferì a San Pietroburgo, dove visse con la zia Stefa Jansen, aprendo un nuovo capitolo nella sua esistenza.
L'amore, il successo e l'Arte
Una delle storie più curiose della sua giovinezza riguarda l’incontro con il facoltoso avvocato Tadeusz Łempicki. Per attirare la sua attenzione, Tamara si presentò a una festa vestita in modo insolito, accompagnata da due oche vive, gesto che non solo colpì il maturo aristocratico, ma lo convinse a sposarla nel 1916. Quell'anno vide anche la nascita della figlia Kizette. Durante la rivoluzione russa del 1918, il marito venne arrestato dai bolscevichi, ma grazie alle sue doti persuasive e alle conoscenze acquisite, Tamara riuscì a farlo liberare, spingendo la famiglia a trasferirsi a Parigi per sfuggire alle turbolenze politiche.
A Parigi, in una condizione di necessità da rifugiata, la pittrice si immerse nel mondo artistico. Lavorò come disegnatrice di cappelli e frequentò i corsi dell’Académie de la Grande Chaumière e dell’Académie Ranson, dove studiò con maestri del calibro di Maurice Denis e André Lhote. Fu in questo fermento creativo che nacque il suo stile personale, capace di fondere gli elementi dell’Art Déco con il cubismo e il neoclassicismo. Il debutto al Salon d’Automne del 1922 segnò l’inizio di una carriera fulminante, che le valse il riconoscimento internazionale come raffinata ritrattista.
Vita privata e spostamenti geografici
Tamara de Lempicka non fu solo un talento artistico, ma anche una figura dalla vita personale altrettanto intensa e controversa. Dichiaratamente bisessuale, nel 1928 ottenne il divorzio dal marito, dimostrando la sua indipendenza e il rifiuto delle convenzioni sociali. Fu, inoltre, ospite a casa di Gabriele D’Annunzio al Vittoriale, dove seppe respingere le avances del celebre poeta, mantenendo sempre intatta la propria integrità. Negli anni successivi, l’artista viaggiò ampiamente in Europa, fermandosi in Italia e in Germania. Con l’avvento della Seconda Guerra Mondiale, Tamara si stabilì a Beverly Hills, in California, insieme al suo secondo marito, il barone Raoul Kuffner de Diószegh, con cui si sposò nel 1933. Nel 1943 la coppia si trasferì a New York, dove la pittrice continuò a dedicarsi alla sua arte.
L’evoluzione artistica e gli ultimi anni
Dopo la morte del barone Kuffner nel 1961, Tamara si trasferì a Houston, in Texas, dove sperimentò una nuova tecnica: l’uso della spatola al posto del pennello. Questa innovazione, volta a introdurre elementi di arte astratta nelle sue opere, fu accolta con scarso entusiasmo dalla critica, inducendo l’artista a giurare di non esporre più i suoi lavori in pubblico. Nel 1978, cercando forse una nuova linfa creativa, si trasferì a Cuernavaca, in Messico. Qui trascorse gli ultimi anni della sua vita, concludendo il suo percorso artistico e personale in maniera coerente con il suo spirito libero e indipendente. Tamara de Lempicka morì serenamente nel sonno il 18 marzo 1980. Come da sua volontà, il suo corpo fu cremato e le ceneri furono sparse sul vulcano Popocatépetl, in Messco. Un gesto simbolico che riflette la sua connessione profonda con il potere e il mistero della natura.
Un'eredità senza tempo
Tamara de Lempicka rimane ancora oggi un simbolo di eleganza, innovazione e ribellione contro i canoni tradizionali. La sua capacità di fondere diversi linguaggi artistici e la sua personalità audace hanno contribuito a renderla una delle figure più affascinanti dell’Art Déco, la cui influenza continua a ispirare artisti e appassionati di arte in tutto il mondo.