Kusama
ossessioni, amori e arte
di Elisa Macellari
cartonato, 128 pagine a colori, 19,90 euro, Centauria
Yayoi Kusama nasce nella prefettura di Nagano a Matsumoto nel 1929. Come accade alla maggior parte delle persone infatuate dalla musa dell’arte anche Kusama inizia a disegnare per soddisfare un bisogno imprescindibile: l’arte vissuta come forma di crescita, espressione e rifugio esistenziale. Purtroppo viene osteggiata dalla famiglia che non condivide le sue propensioni artistiche. Riuscirà a fuggire dal mondo orientale che la opprime solo nel 1958 grazie all'appoggio dell'artista Georgia O'Keeffe della quale Yayoi aveva conosciuto l'opera grazie ad un libro. Contattata tramite lettera, Georgia O’Keeffe1, dalla sperduta Abiquiu, nel New Mexico dove si eri rifugiata, consiglia alla giovane Yayoi di andare in America.
Kusama arriva a New York nel 1958. La capitale degli Stati uniti d’America è in quel momento una città in pieno fermento politico e intellettuale, fortemente divisa fra il conservatorismo capitalista e i movimenti hippy pacifisti, schierati contro la guerra in Vietnam. Movimenti alternativi di cui Kusama diventerà ben presto una delle più importanti icone di riferimento. La situazione del mercato artistico newyorkese non è facile per chi arriva dal Giappone, per giunta donna. Ma dopo lunghi periodi di miseria, fame e freddo, la tenacia e la forza di Kusama viene premiata.
Incomincia ad essere conosciuta grazie ad una critica positiva di John Donn e alla sua prima esposizione alla galleria Brata (dove nacquero importanti stelle del firmamento artistico americano fra cui Franz Kline). In quel momento New York era alla ribalta internazionale per le proposte artistiche dell'Espressionismo astratto, nato nel dopoguerra e propagandato attraverso le opere di Jackson Pollock, Willem de Kooning, Mark Rothko, William Congdon.
L'arte di Kusama riesce ad inserirsi in quel contesto pur essendo un particolare mix di influenze diverse. Prima di tutto le opere di Kusama sono una forte denuncia delle tematiche femministe, esplicitate nelle sue performance provocatorie e nelle sue installazioni ricolme di iconici membri maschili. La sua origine orientale la porta a operare con un approccio minimalista e concettuale, alla ricerca di forme estremamente rarefatte che si moltiplicano quasi all’infinito. Un esempio sono i punti: la loro produzione, attraverso un lavoro meticoloso, instancabile e quasi automatico, la sposta da essenza minimal a prodotto pop, specchio di quella società capitalistica ritratta dal re della pop art Andy Warhol. E proprio gli specchi diventano congegni ottici che dilatano gli spazi e moltiplicano le forme verso una relazione psichedelica con lo spazio e l’esistente. La psichedelia di Kusama è il punto di incontro di due opposte culture: quella orientale in cui è nata e cresciuta, quella occidentale che gli ha permesso di nascere e crescere come artista. Una particolare commistione che non nega ne l'una ne l'altra, anzi diventa un ponte d'unione, che trova motivo d’esistenza nel suo particolarissimo stile. La psichedelia gli permette di decostruire le sue paure, trasformandole in un mondo onirico e fiabesco. Ho già accennato alla scrittura automatica che inevitabilmente la avvicina alle tematiche surrealiste e che ritroviamo nella capacità di trasformare il senso delle cose, verso una nuova oggettività ludica e nonsense. La facilità con cui Kusama permea e fa sue le differenti commistioni dell’espressività di quegli anni, gli permette di adattarsi ai percorsi creativi e produttivi del mondo della moda, trasformando la sua produzione artistica in produzione pseudo-industriale, grazie alla collaborazione con lo stilista Louis Vuitton.
Elisa Macellari è riuscita a raccontare la vita dell’artista giapponese realizzando un bellissimo libro, che si presenta come un delicato e prezioso diario segreto, intimo ma saturo di forza creatrice: quella di Yayoi Kusama. Un oggetto prezioso e ben confezionato grazie alla copertina rigida con la carta leggermente goffrata, la stampa lucida di alcuni pois, la costoletta rossa che riprende l’apparente bicromia della copertina. Lo stile di disegno di Elisa Macellari, limpido e delicato, cadenzato da una lieve linea chiara che delinea le campiture di colore uniformi e leggere, ben si sposa con il seppur differente operato della Kusama. L'autrice del libro riesce così a calarsi pienamente nel mondo dell’artista giapponese, portando il lettore con se, soffermandosi soprattutto sul percorso artistico più profondo di Kusama, sulla sua capacità di trasformare i problemi della sua malattia psichica in un impulso per continuare a lavorare, ricercare, sopravvivere. Per Kusama l'arte si trasforma in uno strumento di guarigione e resistenza, coerente, per quanto difficile e doloroso, puntellato di insidie e difficoltà, soprattutto quando il sistema del mercato artistico, con i suoi terribili ingranaggi para-industriali, l’abbandona e dimentica per quasi vent'anni.
L’autrice di questa riuscita graphic biography con queste parole sintetizza il lavoro di Kusama:
”Dipingere senza sosta. Non sentire il tempo. Ripetere lo stesso gesto. Per ore. Sconfinare. Cercare. Fino a crollare. Questo faceva per settimane intere Kusama. E poi quell’ansia ossessiva, quel senso di angoscia non la abbandonavano. L’aritmia, la tachicardia, gli attacchi di panico, le allucinazioni… rimasero il fulcro dei suoi disordini. (…) Depersonalizzazione gli dicono gli psichiatri. Una condizione che la fa sentire distaccata. Osservatrice esterna de suoi processi mentali e fisici. (…) La mia anima fuoriesce dal corpo. I sensi sono alterati. Non riesco a sentire gli oggetti al tatto. Un secondo dura decine di ore. Riesco solo a starmene rannicchiata da qualche parte. Eppure, nonostante la sofferenza provocata dalla sua condizione psichica, Kusama era arrivata al cuore del suo linguaggio artistico. Nello spazio statico e bidimensionale della tela la sua azione sedimenta grumi microscopici di colore. Guardando da vicino se ne intuisce la massa e il volume. Ma cercando di percepire l’immagine d’insieme ci si perde nella ripetizione infinità di quelle piccole unità. Non c’è punto focale. Non c’è centro”.
Le opere di Yayoi Kusama sono esposte in importantissimi musei come il Museum of Modern Art di New York, il Walker Art Center nel Minneapolis, la Tate Modern a Londra e la National Museum of Modern Art di Tokyo. Dal 1977 la Kusama vive nell'ospedale psichiatrico Seiwa, in Giappone, per scelta personale. Dipinge quasi quotidianamente nello studio a Shinjuku.
“Converto l’energia della vita nei punti dell’universo” (…) “La mia arte nasce per cambiare la mentalità della gente. Spero possa rendere il mondo un luogo più sicuro”.
Yayoi Kusama
Di Centauria ricordiamo anche le biografie dedicate a Egon Schiele, Jean-Michel Basquiat e Francis Bacon.
Articolo di Marco Feo
Copyright 2020 Centauria Editore srl - Milano
Note:
1Georgia Totto O'Keeffe (Sun Prairie, 15 novembre 1887 – Santa Fe, 6 marzo 1986) famosa pittrice statunitense appartenente alla corrente del "precisionismo". Fu sposata con il fotografo Alfred Stieglitz.