Intervista ad Adam Tempesta
Guardando i tuoi disegni immediatamente ci sono venuti in mente alcuni autori: Keith Haring, Matt Groening, Massimo Caccia, Moebius, Eiichirō Oda, Martín Miguel Ángel (ne parliamo nella recensione del tuo fumetto “Inerzia”). Ne aggiungeremmo un altro: Henri Rousseau1 che con il suo segno sceglie di fare una pittura radicale, al di fuori di tutti gli schemi estetici ed artistici della seconda metà dell'ottocento, pagando per questa sua scelta con la derisione dei suoi contemporanei e la povertà (di otto figli ne vede morire sette). Eppure Henri Rousseau influenzerà moltissimo il cubismo di Picasso e l'astrattismo di Kandinskij, movimenti artistici che stanno alla base di tutta l'arte del novecento. Abbiamo visto correttamente accostando questi nomi alle tue vignette? Oppure ci sono altri artisti che ti sono cari e che hanno influenzato le tue scelte espressive?
Avete visto correttamente quasi per tutti gli artisti, tranne che per Rosseau. Io mi lascio ispirare più dai disegnatori e pittori che lavorano semplificando in maniera intelligente e audace. I miei grandi “maestri” spirituali sono Jesse Jacobs e Michael Deforge, ma l'ispirazione spirituale e attitudinale proviene dalla Street-Art, da veri geni come Blu, Ericailcane, 108, DEM.
Ci siamo permessi di definire il tuo fumetto “pop”. La Pop Art2 è stata caratterizzata dall'esigenza, da parte di alcuni artisti, di definire ed evidenziare le nuove icone di una società in forte cambiamento, una società sempre più massmediatica. Oggi il concetto pop nella nostra società è fortemente radicato in tutto ciò che ci circonda, ed Internet è la concretizzazione reale della rete orizzontale dei saperi teorizzata già da Popper3. Paradossalmente oggi la forma virtuale rappresenta l'essenza della realtà in cui viviamo. Troviamo che la tua storia sia proprio una specie di viaggio surreale (un'elaborazione dell'immaginario come avviene nei sogni) dove tutto funziona la perfezione e tutto diventa pop. Citazione nella citazione.
Mi piace creare mondi surreali super distanti ma in maniera che chiunque possa capirli; essere criptico, misterioso, ed elaborare questo alone di mistero con forme e colori che tutti possano capire. Come esempio potrei citare Adventure Time; per me funziona tantissimo perché è alla portata di tutti ma nel background i temi sono assoultamente di nicchia, non propriamente adatti per il mainstream e il pop di tutti i giorni: mutazioni, mondi paralleli, guerre nucleari vengono catalizzate nell'impatto pop con forme morbide, zuccherose e divertenti.
La storia prende il via dall'escamotage delle scatole nelle scatole (nel tuo caso una serie di porte che conducono a mondi paralleli). All'inizio sembra essere un semplice gioco, puro divertissement, ma nell'evolversi del racconto il sistema delle scatole (o stanze) diventa anche sistema che collega fra loro personaggi e avvenimenti della storia. All'inizio tutto sembra essere casuale, ma poi, pian piano, gli avvenimenti si intrecciano fra loro per chiudersi nella scena finale, ossia si strutturano. Allora la domanda: come procedi nella realizzazione di una storia? In modo canonico, ovvero soggetto, sceneggiatura, eccetera, oppure come facevano alcuni autori come Moebius, lasci che sia il flusso libero dell'intuizione, dell'emozione, a guidarti da una vignetta all'altra, da una pagina all'altra, permettendo che sia proprio la carica ludica a estrapolare gli impulsi nascosti, più profondi, come cercavano di fare i Surrealisti con le loro “scritture automatiche”.
Solitamente procedo in maniera canonica, ovvero saldando un'idea di base con una storia che abbia senso; una volta che ho lo scheletro iniziale della mia storia inizio a giocarci in maniera piuttosto automatica, a flusso libero, facendomi guidare specialmente dalle sensazioni; andando avanti mi rendo conto di cosa sto facendo ma anche dove sto per arrivare; se tutto funziona studio un finale che può comprendere alcune cose piuttosto che altre, il bello del finale è che sei tu che fai decidere cosa capire al lettore.
Perché hai scelto di dare questo titolo al fumetto? “Inerzia”. Nel senso che tutto ritorna all'inizio, nulla si muove? Come nella struttura del tuo racconto? In questo caso ci torna alla mente ancora Moebius e la sua celebre teoria sulla forma delle storie.
Ho scelto il titolo “Inerzia” perché Melissa, la protagonista, è il corpo esterno, la forza della spinta è l'Hotel, l'inerzia è tutto quello che c'è attorno; Melissa viene coinvolta in questa avventura surreale che la porterà a cambiare.
Inerzia è una personale interpretazione alla vita, dove continuiamo ad andare avanti affrontando le nostre storie, spinti da una forza esterna che decide di spingerci random quando vuole, dove vuole. Siamo padroni del nostro destino sì, ma solo grazie a questa forza che ci spinge e che ci circonda.
Sul tuo sito internet 4abbiamo visto che ti occupi di molte cose: fumetto, illustrazione, fotomontaggi con fotografie e personaggi assurdi, eccetera. Come scegli i vari ambiti in cui muoversi?
Mi sento di citare René Ferretti della serie Boris per rispondere a questa domanda: a cazzo di cane, ovvero a sensazione; quello che più ho voglia di fare in quel momento lo faccio, sfruttando appieno il fatto che mi piace farlo e posso farlo. Facendo così, penso che il risultato per tutto quello che ne esce sia molto più genuino! Dopotutto si tratta di sperimentare e nello sperimentare la cosa più importante è fare le cose a cazzo di cane.
Una domanda più tecnica: quali sono gli strumenti del mestiere? Inizi ancora con un disegno su carta oppure realizzi tutto in digitale, e quali sono specificatamente gli strumenti che utilizzi (come software Photoshop oppure nel caso del disegno su carta...)?
Solitamente faccio tutto a mano, partendo dalla carta e dalle matite perché non sono un fan del digitale, mi piace tenere le cose che faccio, anche perché io e la tecnologia non andiamo per niente d'accordo, quindi la vita dei miei disegni deve essere in mano mia e non affidata a degli “zero e uno”. Solitamente per i miei fumetti come nelle illustrazioni parto da un disegno a mano, poi utilizzo Photoshop solo per colorare o aggiungere del testo, mentre per i disegni su foto dipingo direttamente sulla foto magari poi ritoccandola sempre in Photoshop, giusto per perfezionare i dettagli finali.
Cosa ne pensi dell'attuale situazione del mercato editoriale in Italia per quanto riguarda il fumetto?
Penso che siamo parecchio bravi qui in Italia, ci sono molte cose belle specialmente nelle autoproduzioni, anche se penso che sul mainstream gli italiani ancora non abbiano capito bene come “vedere” il fumetto o graphic novels. Noto che c'è un po' di confusione generale, i grossi editori seguono la luce dei likes sui social, aprono mille scuole per imparare a fare i fumetti, c'è sempre un sacco di hype per tutto... quando ero piccolo non c'era tutto questo, mentre adesso c'è fin troppo e questa cosa mi stabilizza.
Cos'è il disegno per te?
Per me il disegno è un senso di appartenenza a questo mondo. È lasciare una memoria di quello che ho vissuto, andarla a rivedere, condividerla con altre persone, fare in modo che la gente mi faccia domande, se le faccia e si diverta.
Cos'è il fumetto per te?
Il fumetto è un modo per fare incuriosire le persone, portarle a pensare nella maniera più lontana possibile divertendole e stupendole sempre.
È possibile vivere facendo fumetto? Ci sono sbocchi professionali abbastanza sicuri?
Faccio fumetti perché mi piace farlo ma non vivo di quello. Ho sempre fatto mille lavori e attualmente sono quasi riuscito a trovare una situazione ma purtroppo il lavoro e il fumetto rimangono due strade separate. L'editoria in Italia (ma anche all'estero) non ti fa vivere. Andai al Comicon di Napoli nel 2017 e conobbi Hanks Rickheit (che ha pubblicato anche per Eris Edizioni) e quando li chiesi: “riesci a vivere di fumetti?” lui mi guardò con un misto di divertimento e stupore e mi disse “are you mad?”. Penso che la maggior parte dei fumettisti (ma anche editori) abbia alla spalle almeno un lavoro vero per mantenersi.
Quanto internet ti ha aiutato per farti conoscere? Quanto invece rischia di distruggere le garanzie economiche per fare questo lavoro?
Internet non mi ha aiutato per niente, io ho conosciuto gli Eris portandoli a vedere cosa facevo raccontandoli le mie idee e sono molto felice che sia andata così. Io utilizzo Instagram e Facebook ma sono un brontolone che si lamenta sempre mentre la fa; è una cosa che devi avere perché adesso si sta andando in quella direzione; penso che non sia la soluzione migliore. Io non dico che siano dei cattivi strumenti, ma diciamo che siamo agli albori del loro utilizzo e bisogna ancora trovare il vero potenziale dei social nel campo fumettaro. Per quante riguarda le certezze economiche Internet può solamente incrementarle, anche perché le certezze economiche in questo campo non esistono.
Fumetto contro videogiochi, cinema, social... Ogni giorno vediamo che le grandi case editrici perdono lettori (Bonelli, Disney, eccetera...). Ma la stessa cosa accade nel mercato editoriale più tradizionale. È una battaglia persa? Oppure ci sono nuove forme e strategie per promuoversi?
Io penso che l'unico modo per aiutare ad incrementare/sollevare il mondo dell'editoria sia quella di allargare il target. Ad esempio, è vero che a Lucca Comics ci sono molte attenzioni dedicate a serie-tv e videogiochi che portano un sacco di persone che magari prima non conoscevano i fumetti non perché non gli interessassero ma perché non sapevano che alcune cose nemmeno esistessero! Io sono sempre stato dell'idea che non bisogna mai ghettizzarsi, ma bisogna sempre sperimentare e aprirsi a tutto.
Vuoi aggiungere qualcosa?
Vorrei ringraziare i ragazzi dello Sciacallo Elettronico! Mi sento di consigliare a tutti di non ascoltare la musica di merda, mantenere uno stile di vita sano senza annoiarsi (sgarrare ci sta), di rispettare e trattare sempre bene le donne e divertirsi più che si può. La cosa più importante è: fai il cazzo che ti pare, basta che non rompi le palle agli altri.
Le illustrazioni sono copyright di Adam Tempesta
Note:
1Henri Julien Félix Rousseau (Laval, 21 maggio 1844 – Parigi, 2 settembre 1910). Verrà soprannominato Rousseau il Doganiere.
2La Pop Art è una corrente artistica della seconda metà del XX secolo che deriva dalla parola inglese "popular art", ovvero arte popolare. I suoi primi maggiori rappresentanti sono stati: Roy Lichtenstein; George Segal; Claes Oldenburg; Andy Warhol; James Rosenquist.
3Karl Raimund Popper (Vienna, 28 luglio 1902 – Londra, 17 settembre 1994).