Quanto guadagnano i fumettisti?
Il mondo del fumetto è un ambiente strano, fatto di persone che credono esistano bizzarri personaggi che saltano sui tetti della città vestendo pigiamini con sopra le mutande colorate e un mantello svolazzante; nanetti blu alti due mele o poco più; antichi guerrieri gallici che diventano forti con un poco di minestra di erbette. Forse per questo il mondo “esterno” a quello delle nuvolette e delle vignette ha sempre avuto una visione tutto sommato strampalata, se non addirittura negativa, di chi ama o addirittura lavora in questo settore. Si passa da ipotesi di creativi illuminati che guadagnano immensi compensi, capaci di costruire dei veri imperi economici (come in effetti furono Walt Disney e Charles M. Schulz, in realtà casi molto rari), oppure ad una visione di disperati nerd che tirano a campare con ogni escamotage possibile (come la versione del film “Questo e quello” del 1983, nell’episodio “Questo… amore impossibile”, interpretato da Renato Pozzetto).
Dove sta la verità? Come sempre nel mezzo ma, con la crisi delle edicole e degli indici di lettura degli ultimi anni, assistiamo purtroppo ad una decisa propensione verso la seconda ipotesi. Se vi sono infatti autori professionisti, soprattutto di una certa età, che hanno raggiunto fama e stabilità economica, d'altro canto troviamo anche una schiera di giovani disegnatori e aspiranti fumettisti che tirano decisamente a campare.
Ma vediamo allora quali sono i prezzi di mercato. Molto dipende dalla casa editrice e dal settore. Teniamo come punto di riferimento le due più grandi e storiche realtà del nostro paese: Sergio Bonelli editore e Disney Italia (Panini). Un disegnatore entry level della casa editrice di Tex e Dylan Dog viene pagato mediamente 140 / 150 euro a tavola (lordi). Il contratto editoriale riconosce una percentuale per le ristampe e le edizioni estere (4 - 8 %). Le tavole originali vengono restituite, anche se ultimamente molti disegnatori lavorano direttamente in digitale e quindi il problema non si pone. La possibilità di avere l'originale cartaceo permette al suo autore di godere di un'ulteriore fonte di reddito vendendo il disegno come opera unica. Vi sono infatti appassionati collezionisti sempre alla ricerca di pezzi per la loro raccolta. I prezzi pagati non sono molto alti (si parla di circa 100 euro per un disegno in bianco e nero di un autore mediamente conosciuto).
Per quanto riguarda la sceneggiatura il prezzo si aggira fra i 40 e i 60 euro a pagina. Nulla però è pagato solitamente per il soggetto. Una decina di autori superano la paga dei 60 euro e un paio oltrepassano i 100 euro. Non vi sono favoritismi, viene piuttosto valorizata loro quella professionalità che ha resa grande la casa editrice.
In casa di topi e paperi le cifre sono analoghe ma non vengono riconosciute percentuali sulle ristampe e sulle edizioni estere. Anche le tavole originali non sono restituite. In passato questo problema aveva sollevato aspre polemiche ma lo stesso è ora superato con la soluzione digitale a cui accennavamo prima.
Il prezzo di una copertina è molto vario e va dai 200 ai 1.000 euro. Dipende da casa editrice, testata e autore.
Per quanto riguarda la colorazione dipende invece che tipo di impegno è richiesto. Per colorazioni piatte e veloci si parte dai 15 euro e si arriva ai 70 euro per vignette con sfumature, effetti pittorici e cure particolari.
Non è molto. Pensate che nell'ormai lontano 1.978 alcuni degli autori più influenti del mercato fumettistico statunitense fondarono un’associazione per tentare di rappresentare gli interessi economici dei fumettisti. L’associazione si chiamava Comic Book Creators Guild e aveva fra i suoi iscritti autori come Paul Levitz, Neal Adams, Jim Shooter, Frank Miller, Walt Simonson e Chris Claremont. In una lettera del 15 maggio 1.978 inviata alle maggiori case editrici chiedevano 300 dollari per il disegno, 100 per la sceneggiatura, 40 per il lettering e 70 per il colore. Sono passati circa 50 anni ma gli autori non sono ancora riusciti a rivendicare quel salario.
Un'impresa analoga fu tentata in Italia dal sindacato fumettisti, capeggiato dal buon Gianfranco Goria (fondatore di Anonima fumetti). Anche nel nostro paese l'iniziativa non ha avuto un grande successo. Purtroppo gli autori di fumetti sono molto isolati e poco propensi a federarsi in coalizioni rappresentative del settore, anche in tempi come quelli attuali in cui i social e internet facilitano i contatti.
Con la crisi delle edicole e il calo dei lettori queste cifre tendono inevitabilmente a diminuire. Inoltre le case editrici minori non riescono a mantenere questi standard.
Molti autori sono costretti a trovare degli impieghi paralleli per potersi garantire lo stipendio mensile. Molti di loro insegnano in scuole di fumetto che negli ultimi anni sono nate come funghi. Altri organizzano fiere e mostre del fumetto. Altri si occupano anche di illustrazione o grafica pubblicitaria (settori professionali che richiedono però professionalità specifiche e particolari). Altri ancora scelgono lavori che nulla hanno a che fare con l'estro creativo ma che permette loro di avere una base sicura (magari par-time) a cui affiancare il lavoro al tavolo da disegno.
Non dobbiamo con questo né farne delle considerazioni negative né ciecamente ottimistiche. L’intento di questo articolo è piuttosto quello di far chiarezza nel settore e dare indicazioni precise a chi voglia intraprendere la carriera del fumettista. Facciamo ad esempio un paragone con il settore editoriale più tradizionale della letteratura o della saggistica. L'Italia è un paese nel quale quasi tutti i suoi abitanti hanno un libro nel cassetto o il sogno di scriverne uno. La maggior parte degli italiani però, paradossalmente non legge. Come se per saper scrivere bastasse un poco di fantasia e saper mettere delle parole una dietro l'altra. A fronte di una mole di scrittori, o presunti tali, pochissimi sono coloro che possono garantirsi da vivere grazie alle vendite dei loro testi. E questo anche fra i nomi più celebri. La maggior parte dei libri non supera le 500 copie di venduto. Le pubblicazioni che vendono oltre 2.000 copie sono già considerate un successo, ma all'autore probabilmente hanno permesso di guadagnare un paio di migliaia di euro o poco più.
Nel campo del fumetto invece è richiesta una grande professionalità, molto settoriale e specifica, spesso legata alla tipologia di testata, personaggio e pubblico di riferimento. Professionalità che si acquisisce attraverso anni di faticosa gavetta e prove fallite. Scrivere o disegnare Dylan Dog non significa saper fare lo stesso per Tex. In casa di Topolino si parla di “Spirito Disney”, un particolare modo di sentire, vedere e saper raccontare il mondo attraverso lo sguardo di topi e paperi.
Facciamo un po 'di conti in tasca al nostro fumettista. Grazie a internet e ai software digitali negli ultimi anni la qualità del disegno è notevolmente aumentata, richiedendo all'autore un tempo realizzativo più lungo e quindi una produzione minore. Il pubblico che da una parte è diminuito dall'altra è divenuto sempre più esigente. Oggi il lettore si può documentare grazie alle informazioni disponibili sulla rete, può entrare in contatto con gli autori grazie ai social.
In America solitamente pagano tre o quattro volte di più rispetto all'Italia. Ma questo è dovuto anche al fatto che i costi della vita sono più alti negli Stati Uniti. Può essere comodo per un disegnatore lavorare per loro ma vivere in uno stato meno caro. I ritmi del lavoro in America sono però massacranti.
Le case editrici più piccole rispetto a Bonelli e Disney, non sono in grado di pagare un compenso a tavola. In questo caso viene firmato un contratto e riconosciuta una percentuale sul venduto che, come abbiamo già detto, è solitamente del 5 / 8 %. Dato che il lavoro dell'autore è molto lungo, soprattutto per chi deve disegnare le tavole, l'editore solitamente riconosce un anticipo sulle successive royalties. Tale anticipo va mediamente dai 500 euro a qualche migliaio (ma non più di 2-3.000 euro). Tenendo conto dei dati di vendita questo vuol dire che la maggior parte degli autori difficilmente avranno un ulteriore compenso oltre al primo anticipo ricevuto. Solo per autori che riescono a vendere decine di migliaia di copie questa forma di pagamento può divenire redditizia (ad esempio Zerocalcare, Gipi e pochi altri).
Tirando le conclusioni di questo articolo, tutto quanto descritto precedentemente ci illustra una situazione lavorativa tutt'altro che rosea, se non per pochi autori. Questo non significa però che la professione del fumettista sia da evitare come la peste. L'autore si deve preparare ad una gavetta molto lunga e difficile, a lunghi ed estenuanti tempi di lavoro (anche se con un occupazione che può piacere), ma soprattutto deve sapersi districare con grande professionalità nei meandri di un mondo che può comunque riservare interessanti e appaganti sorprese. Insomma non la consigliamo a meno che ne siate veramente convinti.
Per maggiori informazioni potete visitare il sito: