Otto – L’uomo riscritto
Marc-Antoine Mathieu
Coconino press – Fandango
Lode e merito alla casa editrice Coconino press per aver pubblicato un libro così bello, che conferisce e dimostra il valore delle capacità narrative ed espressive del fumetto, palesando ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, la varietà di temi e la profondità di analisi in cui può essere applicato questo linguaggio.
Il tomo si presenta in maniera molto particolare: è un oggetto orizzontale (formato 21x30 cm), cucito a filo refe, completamente bianco, se non fosse per le poche righe che compaiono sulla copertina ad indicarne l’autore, il titolo (“OTTO” non a caso palindromo, come vedremo nella storia a fumetti e nelle righe che seguono in questa recensione), il sottotitolo e un semplice disegno tracciato con una linea nera sintetica, verniciata a lucido per contrastare con il resto completamente candido, delineante la forma di un albero che, con le sue fronde spoglie, assume le sembianze di un busto umano. Infine, in basso, la casa editrice. Quest’apparente semplicità è invece frutto di un attento studio per calibrare ogni cosa in maniera minimale e allo stesso tempo dettagliata. Il libro già al tatto e all’odorato si presenta come un oggetto interessante; impressione che verrà ancor più confortata dalla lettura.
La storia si apre con una citazione di Baruch Spinosa[1]:
“Gli uomini s’ingannano nel credersi liberi; e tale opinione consiste solo in questo, che essi sono consapevoli delle loro azioni e ignari delle cause da cui sono determinati” (Baruch Spinoza, “Etica”, libro II).
Il romanzo grafico di Marc-Antoine Mathieu è una riflessione sulle cause che caratterizzano e determinano la nostra personalità, ci formano e plasmano fin dalle prime esperienze dell'infanzia e ci guidano per tutta la vita. Quanto siamo liberi nel nostro pensiero e quanto invece condizionati da ciò che abbiamo vissuto nei primi giorni della nostro esistenza? Esperienze che abbiamo ormai rimosso, perché in quel momento il nostro cervello era estremamente elastico, pronto e vorace di imparare, registrare esperienze, creare parametri e strumenti da fissare negli strati più profondi della nostra mente. Schemi logici che avremmo poi utilizzato per valutare tutto ciò che in seguito ci sarebbe capitato di vedere e vivere. Il bambino allunga la mano per afferrare ciò che osserva ma che non può raggiungere, perché è troppo lontano da lui. Questa semplice e banale operazione è per lui frustrante ma fondamentale per fargli comprendere il concetto di profondità e associarlo alla visione tridimensionale dei nostri occhi. La psicologia ci spiega il processo: si tratta di una memoria corta ma profonda, capace di modellarsi e plasmarsi in una forma nuova. I primi anni della nostra vita li abbiamo dimenticati. Difficilmente abbiamo ricordi di quei momenti. Ciò che è entrato allora nella funzione mnemonica si è trasformato in strumento, saldato con forza nella nostra cervice, concretizzato in un congegno essenziale per vivere. Radicato e ramificato come rami di un albero a cui appendere tutte le esperienze successive. Le vicende vissute dopo i primissimi anni le ricordiamo, perché a quel punto avevamo il mezzo per farlo, i fili a cui appendere quelle immagini, quelle fotografie. Le istantanee possono cambiare, si succedono come trascorrono inevitabilmente e veloci i giorni, i mesi e gli anni della nostra esistenza. Gli strumenti di base rimangono immutati. Sono intaccabili. Più invecchiamo più siamo radicali e decisi nel non volerli modificare. Il giovane è rivoluzionario per sua natura, il vecchio conservatore.
Il tema (e la sua trattazione) è estremamente affascinante.
Mathieu ricerca in questa storia (sia come autore che come protagonista del romanzo, mettendo in scena un vero e proprio meta-racconto in cui ruoli e riflessi continuano a scambiarsi come in un labirinto di specchi) le cause che, come una piccola goccia d'acqua capace di modellare nel tempo la forma di rocce e montagne, possano caratterizzare la nostra personalità, il nostro agire. La nostra ragione è vista come una sorta di pianta che germina e ramifica assumendo una forma in base a tutte quelle piccole esperienze quotidiane, che abbiamo vissuto e fatto nostre lungo il corso della vita.
Ma allora, ritornando al nostro fumetto, cosa provoca o costituisce il nostro pensiero e quindi il suo mutare? L’autore cerca una risposta cercando di guardare dentro se stesso. Ma noi stessi siamo l'unica persona (addirittura l'unica forma) che possiamo vedere con difficoltà. I nostri occhi vedono tutto tranne che se stessi. L'unico modo per farlo è ricorrere ad un semplice oggetto, un trucco forse, un escamotage... lo specchio! OTTO è proprio questo: la complementarietà dei poli opposti, dei bianchi e dei neri, del pieno e del vuoto, del positivo e del negativo, dello Yin e dello Yang[2]. L'autore francese incomincia la narrazione con un volo a planare dall’alto (di manzoniana memoria) nel quale la telecamera si avvicina all’apparente sagoma di un uomo coricato in un mare bianco infinito. Scorrendo tra le vignette, l’inquadratura zoomma sempre di più, tanto che sembra di passare alla visione di un potente microscopio, che ci mostra da prima la traccia di un’impronta digitale (e il termine “digitale” è nuovamente un rimando ai poli opposti 0 – 1) e poi un ammasso di gente che guarda verso l’alto, ovvero in direzione opposta allo sguardo del lettore, cioè verso di noi! E' lo sguardo dello specchio: una visione ed un riflesso che da sempre ci affascina e terrorizza.
Ma la “riflessione” acquista il significato di un'altra metafora, di un'altra ricerca: l’immagine che lo specchio riverbera è quella del ruolo dell’artista nello scrivere un’opera d’arte.
Il tema non è nuovo: centinaia di artisti si sono cimentati con esso. Da Lewis Carrol[3] in “Attraverso lo specchio”[4], seguito de “Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie". Titolo preso in prestito per una delle più belle storie di Dylan Dog[5] scritta da Tiziano Sclavi[6]. Nella Storia dell’Arte molte sono le opere che hanno a che fare con gli specchi: a partire dal dipinto de “I coniugi Arnolfini”[7] realizzato dal pittore fiammingo Jan van Eyck[8] nel 1434. Giovanni Arnolfini, un ricco mercante di stoffe lucchesi, si trovava in quegli anni nella cittadina di Bruges (Belgio) e si voleva sposare con Giovanna Cenami. Chiamò il pittore e un altro invitato a fargli da testimoni al rito che si celebrò in casa (secondo la tradizione morganatica). Nel quadro compaiono i due coniugi, ma se fate più attenzione, sulla parete che sta alle loro spalle c'è uno specchio all'interno del quale si riflettono le immagini dei due testimoni. Sopra lo specchio una scritta: “Johannes de Eyck fuit hic 1434” (Ian van Eyck fu qui 1434). La frase è al tempo stesso la firma dell’autore dell’opera e il documento che testimonia l’avvenuto matrimonio. Noi che osserviamo il quadro siamo esattamente nella posizione, o al posto, dei due testimoni. Altro dipinto molto particolare è
“Autoritratto allo specchio convesso[9]”, opera manierista di Parmigianino[10] . E’ un quadro di piccole dimensioni, ma volutamente insolito e curioso, che il giovane pittore dipinge per presentarsi al papa Clemente VII con un virtuosistico autoritratto che sembrasse deformato per effetto della superficie bombata. Oppure il famosissimo “Las meninas”[11] di Diego Velàzquez[12], in cui l’artista spagnolo ritrae la famiglia reale di Filippo IV con un complicato gioco di inquadrature e di sguardi. Il quadro infatti non presenta il re e la sua consorte Marianna d’Austria (che appaiono invece solo sullo sfondo riflessi in uno specchio) ma piuttosto lo stesso pittore all’opera mentre dipinge sulla tela e la figlia del sovrano Margarita, al centro, affiancata dalle sue damigelle di compagnia, da due nani di corte e da un cane. Una riflessione sul ruolo e il lavoro dell'artista. Tema che sarà ripreso dopo circa dieci anni da Jan Vermeer[13] nell’opera: “Allegoria della pittura”[14]. L’autore si raffigura dentro l’opera stessa, catturato come in uno specchio, ripreso di spalle mentre dipinge una modella vestita che rappresenta la Gloria (regge infatti in mano una corona d’allora, un libro e uno strumento a fiato). Un quadro nel quadro. In primo piano una tenda spostata ci invita ad entrare.
Anche il pittore romantico Caspar David Friedrich[15] con il suo celebre dipinto “Viandante sul mare di nebbia[16]", riprende la figura dell' homo viator narrato nei Lieder[17] del compositore Franz Shubert[18], cioè dell'uomo che si confronta con il suo futuro misterioso, contemplando, estasiato ed intimorito allo stesso tempo, la devastante immensità dell'infinito che lo sovrasta. Più recentemente Michelangelo Pistoletto[19] nell'Arte povera, utilizza specchi di grande dimensione in cui far entrare letteralmente lo spettatore nell’opera (come avevano già previsto i Futuristi nei loro proclami). Oltre al valore concettuale dell’operazione, Pistoletto sfrutta anche l’emozione e il disagio che lo spettatore prova nel momento in cui riconosce la sua immagine riflessa sulla superficie specchiante, insieme a quella di altri visitatori. Passiamo ogni giorno molto tempo di fronte ad uno specchio per ammirare o modificare il nostro aspetto, ma ci sentiamo immediatamente a disagio nel momento in cui veniamo messi a confronto con altre persone che, come noi, stanno visitando in quel momento la mostra. Questo confronto “instabile" fra la nostra immagine riflessa e l'altro, che altro non è se non lo specchio di noi stessi, una sorta di abisso in cui abbiamo timore di guardare, è il punto di partenza delle performance di Marina Abramović[20]. L’artista serba si mette in gioco ogni volta confrontandosi con il suo pubblico, magari posando nuda per ore nella stanza dell’esposizione e lasciando/costringendo che i visitatori le debbano passare obbligatoriamente accanto per uscire o entrare dalla stanza[21][22][23][24], oppure sedendosi semplicemente al centro di una grande sala e permettendo che il pubblico possa sedersi di fronte a lei, in silenzio, per fissarla negli occhi[25][26]. Se queste performance possono sembrare banali vi basterà guardare uno dei suoi video per vedere quanta forza emotiva riescono a far scaturire.
Poli opposti dicevamo. Sono rappresentati dalla razionalità e dall’irrazionale di cui parla Nietzsche [27], l’apollineo e il dionisiaco. Se osserviamo la storia dei popoli (generalizzando e semplificando visto il poco spazio a disposizione in questo articolo, di cui stiamo già ampiamente abusando) possiamo notare come, in maniera ciclica, vi siano da sempre dei momenti storici in cui l’uomo conferisce estrema fiducia alle proprie possibilità razionali, tecniche e tecnologiche, per modificare la realtà che lo circonda a proprio beneficio. La razionalità ha caratterizzato la civiltà greca e poi quella romana, società che verranno prese a modello nel ‘400 e nel ‘500 (l’epoca del Rinascimento italiano) e poi di nuovo durante l’età dei lumi, periodo contrassegnato da un forte sviluppo scientifico, tecnico ed industriale, dalla pubblicazione dell’enciclopedia di Diderot[28] e d'Alembert[29]: il Neoclassicismo. All’opposto vi sono periodi storici di crisi in cui il destino, il volere divino o la predestinazione sembrano prendere il sopravvento (è accaduto nel medioevo e poi nel Romanticismo, si è ripetuto durante le due guerre mondiali). L’uomo in questi periodi, ha avuto meno fiducia nelle proprie possibilità, si è sentito succube ed impotente, in balia di condizioni avverse o del fato, del “Sublime” o di forze occulte ostili e minacciose. La nostra società contemporanea, dopo aver raggiunto un'epoca di benessere economico e grandi scoperte scientifiche, obiettivi incarnati (spesso per motivi utilitaristici più che per valori morali) dalle potenze occidentali, sembra oggi tornare indietro. L’ideale di democrazia, pace, uguaglianza civile ed economica, le possibilità offerte dalle scoperte scientifiche, lasciano sempre più il passo a imposizioni sovra-strutturali (i “poteri forti” come affermano i più scettici, gli “uomini in nero” come direbbe Martin Mystère[30]). Addirittura la stessa scienza perde fiducia in se stessa, forse in un eccesso di umiltà e revisione dei propri postulati (sicuramente un più che giustificato strumento per agevolare un percorso di studi accademici, ma forse poco compreso dalle masse popolari e da chi ne dovrebbe fare una onesta divulgazione). Negli ultimi anni la medicina è portata a spiegare alcune malattie come causa di eredità genetiche, lasciando inconsapevolmente spazio alle derive di chi vede nel destino e nella predestinazione le sorti del nostro futuro, tesi ora erroneamente corroborata da una dimostrazione scientifica. Se certe potenziali patologie possono essere diagnosticate attraverso lo studio della genetica, bisogna ricordare che non sono solo i nostri geni a portare in se le cause di molte malattie, per le quali concorrono anche fattori ambientali, stili di vita e molti altri elementi. Sono quindi assolutamente ingiustificati atteggiamenti di sfiducia, paura e apatia sociale che caratterizzano sempre di più la società contemporanea. In una storia di Hugo Pratt[31] il suo spericolato e romantico marinaio Corto Maltese[32] si lascia leggere la mano da un’indovina. La donna prevede una sorte che all’avventuriero non piace, così Corto prende il rasoio di suo padre e si incide il palmo della mano: è lui stesso a tracciare la linea della sua vita.
Osservando l'immagine di copertina di quest'albero che diventa uomo, di questa ramificazione che assume una conformazione antropomorfa, ci viene in mente, seguendo il gioco di specchi e di contrari di cui si serve l'autore di Otto per attuare la sua ricerca verso la germinazione del nostro pensiero, del nostro cervello, un'altra forma molto simile a quella proposta da Mathieu, ma nello stesso tempo palindroma: è la ramificazioni del nostro sistema nervoso, che dal cervello diventa albero, esattamente seguendo il processo inverso sviluppato dall'autore per costruire la storia. Qual'è allora l'immagine reale? Quella che si riflette nello specchio o quella riflessa dallo specchio? Oppure è soltanto l'immagine che riflette su se stessa?
Termino questo articolo con una citazione di uno dei maggiori pittori del novecento:
“Consentitemi di far riferimento a un’immagine, l’immagine di un albero. L’artista è assorbito da un mondo così complesso […]. Vorrei paragonare questo sistema variabile e ramificato, questa conoscenza delle cose della natura e della vita alle radici dell’albero.
Dalle radici la linfa risale fino all’artista, lo invade e gli inonda gli occhi. Così l’artista diventa come il tronco dell’albero.
Investito e mosso dal potere di questo flusso di linfa, l’artista guarda in avanti e lascia correre la propria immaginazione.
Come vediamo i rami dell’albero protendersi in ogni direzione sia nel tempo che nello spazio, così succede nel processo creativo.
Nessuno chiederebbe mai a un albero di forgiare e di modellare i rami lungo le linee delle radici.
Così come fa il tronco, l’artista deve solo tenere insieme tutto ciò che viene dalle parti più basse, che proviene dalle radici, per poi veicolarlo in alto, portarlo più in su.
Non deve né essere utile né dettare delle regole: deve solo trasmettere".
Paul Klee
Articolo di Marco Feo
Note:
1) Baruch Spinoza; Amsterdam, 24 novembre 1632 – L'Aia, 21 febbraio 1677; è stato un filosofo olandese, ritenuto uno dei maggiori esponenti del razionalismo del XVII secolo, antesignano dell'Illuminismo e della moderna esegesi biblica.
2) Il concetto di yin (nero) e yang (bianco) ha origine dall'antica filosofia cinese, e lo ritroviamo anche nel Taoismo e Confucianesimo. Rappresenta i poli opposti della nostra esistenza: il giorno che si tramuta in notte e la notte che si tramuta in giorno e di conseguenza tutti i fenomeni naturali.
3) Lewis Carrol, pseudonimo del matematico e scrittore inglese Charles Lutwidge Dodgson, (Daresbury, 27 gennaio 1832 – Guildford, 14 gennaio 1898), è stato uno scrittore, matematico, fotografo, logico e prete anglicano britannico.
4) Dylan Dog, è un personaggio dei fumetti creato da Tiziano Sclavi e disegnato originariamente da Angelo Stano e Claudio Villa, protagonista dell'omonima serie di genere horror edita dal 1986 dalla Daim Press, casa editrice che poi divenne la Sergio Bonelli Editore. L'albo qui citato è il numero 10 del luglio 1987. Soggetto e sceneggiatura: Tiziano Sclavi; disegni: Giampiero Casertano; copertina: Claudio Villa.
5) Tiziano Sclavi, (Broni, 3 aprile 1953) è uno scrittore e fumettista italiano.
6) “I coniugi Arnolfini”, Jan van Eyck, 1434, olio su tavola, 82,2x60 cm, Londra, National Gallery.
7) Jan van Eyck, (Maaseik, 1390 circa – Bruges, giugno 1441) è stato un pittore fiammingo.
8) “Autoritratto allo specchio convesso”, Parmigianino, 1524 c.a., Olio su tavola, diametro 25,4 cm, Vienna, Kunsthinstorisches Museum.
10) Girolamo Francesco Maria Mazzola, detto il Parmigianino (Parma, 11 gennaio 1503 – Casalmaggiore, 24 agosto 1540), è stato un pittore italiano, fondamentale esponente della corrente manierista e della pittura emiliana. Il soprannome, oltre che dalle origini, gli derivò dalla corporatura minuta e dall'aspetto gentile che riporta anche nei personaggi ritratti nei suoi quadri.
11) “Las meninas”, Diego Velázquez, 1656, olio su tela, 318x276 cm, Madrid, Museo del Prado.
12) Diego Rodríguez de Silva y Velázquez, (Siviglia, 6 giugno 1599 – Madrid, 6 agosto 1660) è stato un pittore spagnolo, l'artista più importante tra quelli presenti alla corte di Re Filippo IV.
13) Jan Vermeer, (Delft, 1632 – Delft, 15 dicembre 1675) è stato un pittore olandese. La grafia estesa del suo nome è Johannes van der Meer, dalla quale deriva la sua tipica firma "I V Meer".
14) “Allegoria della pittura”, 1666 ca, olio su tela, 120x100 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum.
15) Caspar David Friedrich (Greifswald, 5 settembre 1774 – Dresda, 7 maggio 1840) è uno dei più importanti pittori tedeschi, esponente dell'arte romantica.
16) “Viandante sul mare di nebbia", 1818, Hamburger Kunsthalle di Amburgo.
17) Lied (plurale Lieder) è una parola tedesca, che significa letteralmente "canzone" (o romanza). Tipicamente i Lieder sono composizioni per voce solista e pianoforte. Talvolta più Lieder sono uniti in Liederkreise, o "cicli", ossia una serie di canzoni (generalmente tre o più) legate da un singolo tema narrativo. I compositori Franz Schubert e Robert Schumann sono spesso strettamente associati a questo genere musicale.
18) Franz Peter Schubert, Vienna, 31 gennaio 1797 – Vienna, 19 novembre 1828, è stato un compositore austriaco del periodo romantico.
19) Michelangelo Olivero Pistoletto (Biella, 25 giugno 1933) è un artista, pittore e scultore italiano, animatore e protagonista della corrente dell'arte povera.
20) Marina Abramović (in serbo Марина Абрамовић; Belgrado, 30 novembre 1946) è un'artista serba naturalizzata statunitense attiva con molte performance di grande successo.
21) “Imponderabilia”, 1977. Performance realizzata in collaborazione con l'artista tedesco e suo compagno Ulay, Marina Abramović mostra a Bologna presso la Galleria d'arte moderna la performance. Entrambi sono in piedi, nudi, ai lati di una stretta porta che consente l'ingresso nella galleria. Chi vuole entrare è costretto a passare in mezzo ai loro corpi, decidendo con imbarazzo se rivolgersi verso il lato del nudo maschile o verso quello del nudo femminile.
22) “The artist is present”, 2010. Performance della durata di 736 ore realizzata con grandissima partecipazione del pubblico al MOMA di New York.
23) Friedrich Wilhelm Nietzsche (Röcken, 15 ottobre 1844 – Weimar, 25 agosto 1900) è stato un filosofo, poeta, saggista, compositore e filologo tedesco.
24) Denis Diderot (Langres, 5 ottobre 1713 – Parigi, 31 luglio 1784) è stato un filosofo, enciclopedista, scrittore e critico d'arte francese.
25) Jean-Baptiste Le Rond (detto d'Alembert), fisico, matematico e filosofo francese (Parigi 1717-1783), è stato fra i maggiori esponenti del pensiero illuministico francese.
26) Martin Mystère è un personaggio immaginario protagonista di una omonima serie a fumetti ideata da Alfredo Castelli ed edita in Italia dal 1982 dalla Sergio Bonelli Editore.
26) Hugo Pratt (nome d'arte di Ugo Eugenio Prat) (Rimini, 15 giugno 1927 – Losanna, 20 agosto 1995) è stato un fumettista, disegnatore, pittore, scrittore e attore italiano.
29) Corto Maltese è un personaggio dei fumetti creato da Hugo Pratt nel 1967 e protagonista della serie a fumetti omonima. La serie comprende 31 storie di varia lunghezza, pubblicate, senza una periodicità fissa, nel corso degli anni da diversi editori, in Italia ed in Francia.
30) Paul Klee, “Paul Klee on Modern Art”, Faber, London, 1966, p. 13.Paul Klee, Paul Klee on Modern Art, Faber, London, 1966, p. 13.