Orfani

Come da tradizione per lo Sciacallo Elettronico attendiamo sempre l'uscita di qualche numero prima di dare un nostro parere su di una nuova serie a fumetti. Così ora è giunto probabilmente il momento di fare una riflessione critica su "Orfani", l'ultima proposta per le edicole della casa editrice milanese Sergio Bonelli editore. La serie si presenta apparentemente con tutte le caratteristiche della tradizione bonelliana: formato, serialità mensile, gabbia d'impaginazione, tematiche realistiche ed avventurose. In realtà vi sono diverse novità in questa nuova proposta editoriale, pur rispettando le tradizioni che hanno consolidato e garantito alla casa editrice il suo successo e la sua professionalità in edicola per più di mezzo secolo (dagli anni quaranta per la precisione). Innanzitutto il colore, partendo dalle cose più evidenti e banali. Sergio Bonelli aveva sempre riservato gli albi a colori per occasioni speciali come i centenari di una serie. Colori piatti solitamente, per motivazioni di riproduzione tecnica e costi di produzione, che hanno sempre avuto l'unica funzione di abbellire l'albo e renderlo un poco speciale, vista la particolare occasione per cui era prodotto. Sergio Bonelli nei suoi editoriali definiva questi albi come un "regalo" ai lettori e alla loro fedeltà, ed in effetti probabilmente lo era visti i costi produttivi di una stampa a quattro colori per un volumetto venduto in edicola ad un prezzo popolare. Ma al di la della semplice questione economica l'editore milanese si e' sempre dimostrato contrario al colore, propendendo per il bianco e nero in quanto più espressivo e diretto soprattutto in una forma di narrazione come quella del fumetto. Come non dargli ragione, sopratutto quando il colore e' solo un elemento aggiuntivo che rischia di coprire i contrasti e gli equilibri compositivi con cui il disegnatore ha impostato vignette e tavole. Ci sono centinaia di capolavori del fumetto realizzati in bianco e nero: dai capolavori di Breccia, alla sintesi narrativa di Hugo Pratt, fino ad arrivare alle velate atmosfere di Dino Battaglia (giusto per non sprecare nomi), maestri a cui hanno attinto generazioni di disegnatori italiani e non solo. Pur non discutendo la validità grafica ed il valore espressivo del bianco e nero esistono oggi prodotti editoriali e mercati molto differenti, di cui non si può non tenere conto. Nel 1992 in America la Image, fondata dagli artisti più importanti sulla scena editoriale di quel momento, introdusse una grande rivoluzione nell'uso del colore grazie alle tecniche digitali, mutando per sempre il modo di concepire il fumetto a colori, che da elemento meramente riempitivo divenne una forma espressiva fortemente incisiva ed accattivante, capace di conferire alle tavole maggior realismo, dinamica, ed effetti spettacolari. In Bonelli quest'uso del colore ha iniziato a fare una timida apparizione sulla testata del "Dylan Dog color fest", sebbene con una cadenza semestrale. Orfani invece adotta il colore come elemento fondamentale della narrazione, ad esempio differenziando nelle scene di battaglia sul pianeta alieno, i nemici con una colorazione più calda (giallo-arancio) e i terrestri con una più fredda. Il colore, oltre a conferire profondità alla scena, viene sapientemente sfruttato dallo sceneggiatore Roberto Recchioni per infondere dei dubbi e degli spunti di riflessione nella trama della vicenda, man mano che gli albi arricchiscono ed ampliano la storia: chi sono veramente gli alieni? e chi sono veramente i buoni e chi i cattivi?

Un'altra palese novità della serie riguarda il protagonista. Siamo abituati in casa Bonelli ad eroi senza macchia e senza paura, a cui solitamente si affianca una spalla con sfumature comiche (ad esempio nei dialoghi ironici e taglienti fra Tex e Carson, fin dalle prime storie di Gianluigi Bonelli, ma ancor più nelle gag e nei siparietti comici di Cico, compagno delle avventure di Zagor). Ricetta poi ripresa con Groucho in Dylan Dog, Sigmund in Nathan Never, Java in Martin Mystere e anche nell'ultima serie fantasy Drago Nero con l'orco Gmor compagno di Ian Aranill scout imperiale. A questo stilema si sono allineate quasi tutte le serie bonelliane. In Orfani ci troviamo di fronte ad una situazione profondamente diversa: non c'e' un protagonista ma una squadra di eroi, non certo privi ne di macchie ne di paure, visto il tragico passato in cui hanno trascorso la loro adolescenza. Una sorta di gruppo come gli X-men ma differenziati non dai loro poteri ma soprattutto dai loro caratteri e dalle loro personalità, sulle quali Recchioni scava e modella, numero dopo numero, andando pian piano a delinearne le forme, come se stesse plasmando delle sculture. Una forte caratterizzazione introspettiva che linguisticamente (e qui iniziano le più interessanti novità della serie) si basa sulla scelta di suddividere ogni albo in due parti temporali: il momento della formazione e addestramento dei ragazzini che formano il gruppo e poi la loro missione sul pianeta alieno, quando ormai sono adulti e trasformati in una squadra da guerra letale e distruttiva. Una scelta narrativa che permette a Recchioni di descrivere in profondità i personaggi, il loro passato travagliato, i loro problemi, i loro sogni perduti, e nello stesso tempo regalare al lettore scene di azione e pathos fortemente coinvolgenti.

Lo stile di scrittura di Roberto Recchioni, che abbiamo imparato ad apprezzare su Jon Doe e sulle sue molteplici avventure fumettistiche, e' sempre ricco di citazioni, giochi, elaborazioni "pop" che pescano dall'immaginario collettivo, fra  fumetti, cartoons, cinema, videogiochi e letteratura. In Orfani le citazioni sono meno preponderanti, vengono proposte con più delicatezza, strutturate e ben calibrate nel realismo su cui si basa la serie.

Magistrale nell'ultimo numero uscito in edicola (il numero 4 intitolato "Spiriti nell'ombra") la sequenza tra Ringo e Sam, in cui lo sceneggiatore ricordandoci il ring di Rochi Joe (manga pubblicato dalla Kodansha dal 1968 al 1973, in Italia dal 2002 dalla Star Comics, scritto da Asao Takamori con lo pseudonimo di Ikki Kajiwara e disegnato da Tetsuya Chiba e poi animato in una famosissima serie televisiva) ci regala un momento toccante e profondamente emotivo in cui tutte le caratteristiche descritte prima giungono al loro apice in una serie di pagine di fumetto veramente toccanti.

Il creatore grafico della serie è Emiliano Mammucari che connota uno stile comune per tutti i disegnatori. Anche il colore aumenta la comunanza stilistica fra i vari numeri (almeno fra quelli fino ad ora usciti) conferendo omogeneità di lettura.

Un altro elemento distintivo della serie e' la confezione grafica della copertina, caratterizzata da forme inconsuete, curve ed inclinate che ben descrivono l'ambientazione fantascientifica della serie, configurandola immediatamente come una proposta innovativa (almeno per quanto riguarda l'edicola italiana).

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Articolo di Marco Feo

Immagini tratte dal numero 4 di "Orfani" (albo intitolato "Spiriti nell'ombra").

Serie creata da Roberto Recchioni ed Emiliano Mammucari.

Copyright Sergio Bonelli editore

 


Ulteriori approfondimenti:

 Scheda autore: Recchioni Roberto


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