Storia Papera - Il Rinascimento
Soggetto e sceneggiatura di Augusto Macchetto
Disegni di Valerio Held
Topolino 3398
6 gennaio 2021
Pico de Paperis, con l'aiuto di Paperoga, ha organizzato una serata per parlare del Rinascimento, uno dei periodi più illustri dell'eredità artistica del nostro paese. I due professori (di uno siam certi, dell'altro abbiamo qualche dubbio) iniziano ad introdurre l'argomento affrontando le motivazioni economiche e culturali che hanno caratterizzato il XV secolo, per passare velocemente alla presentazione della “Primavera” del Botticelli ("Papericelli" nella consueta deformazione disneyana). Alla quinta pagina della storia l'attenzione vira e si concentra sull'artista che più ha caratterizzato quel periodo storico ed artistico, ovvero Leonardo da Vinci ("Paperardo da Vinci") di cui si tratterà fino alla fine del racconto. Lo sceneggiatore sceglie di descrivere le creazioni del grande genio rinascimentale a partire dal suo soggiorno milanese alla corte di Ludovico Sforza, dove ebbe occasione di realizzare molte delle sue opere più importanti. Alla corte del Moro Leonardo arriva presentandosi non tanto come un artista ma come un abile inventore e promettendo invenzioni collegate ai quattro elementi della creazione: la terra (la famosa statua equestre che riuscì a completare con le creta ma non a fonderla in bronzo e per questo andata distrutta con l’arrivo dell’esercito francese a Milano); il fuoco (Leonardo era un grande burlone e faceva credere al suo pubblico di possedere un cucciolo di Drago. In realtà altro non era che un ramarro agghindato con scaglie ed ali artificiali, dalle sembianze ancor più verosimili grazie a qualche trucco scenografico, di cui il maestro era un abile progettista); l'acqua (l'invenzione degli scafandri per camminare sott'acqua, che però Leonardo studia per la Repubblica della Serenissima e non mentre è a Milano, dove invece si occupa, come viene correttamente indicato nella storia, delle chiuse dei navigli); dell'aria (celebri i suoi studi sul volo degli uccelli da cui derivano i progetti per l’aliante). Augusto Macchetto, qui alla macchina da scrivere (o, se volete essere più moderni, alla tastiera del computer), nella storia cita anche gli svariati progetti di Leonardo e il dipinto perduto della battaglia di Anghiari (realizzato non a Milano ma a Firenze, sperimentando la tecnica dell'encausto di cui parla Vitruvio nei suoi antichi testi) ma il cui ricordo si era perso ormai con il passare dei secoli.
La storia si sviluppa in ben trentuno pagine, che non sono poche rispetto alla classica strutturazione delle storie di Topolino (solitamente sulle ventiquattro pagine o anche meno, se non sviluppate per venir pubblicate a puntate). Nonostante questo, ci sembra che l'autore voglia mettere troppa carne al fuoco iniziando a parlare del Rinascimento per poi virare l'attenzione sul solo Leonardo. Del maestro fiorentino ovviamente ci sarebbe molto da dire e l'escamotage di collocarlo a Milano, per poi citare opere che sono state realizzate in altri luoghi o altri periodi della sua vita, ci sembra caotico e fuorviante (ad esempio lo sceneggiatore sceglie di parlare della Battaglia di Anghiari perché fu un terribile disastro, colando pochi giorni dopo essere stata realizzata, ma non cita l'ultima cena che invece è nel refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano). Ovviamente non pretendiamo un'assoluta fedeltà storica in un fumetto di Topolino, dove prevale l'intrattenimento e il divertimento. Ma anche da un punto di vista strettamente narrativo ci sembra che la storia sia poco scorrevole: forse era meglio concentrarsi su pochi elementi, sui quali strutturare meglio le gag e lo sviluppo della sceneggiatura. Avremmo eliminato il riferimento iniziale alla storia del Rinascimento e a Botticelli (assolutamente importante da un punto di vista storico ma toglie spazio alla sviluppo della vicenda) e ci saremmo concentrati invece subito sul vero protagonista della novella: Leonardo. In questo modo lo sceneggiatore avrebbe risparmiato ben quattro pagine che potevano servire a sviluppare meglio altri riferimenti o migliorare le gag. Anche la trovata di simulare una serata presentata da Pico de Paperis e Paperoga ci sembra che crei confusione. Ci viene quasi il dubbio che un'articolazione così complessa fosse stata pensata inizialmente per una storia articolata su più puntate (come quella dedicata a Raffaello ad esempio) ma che poi, scelte redazionali, abbiano costretto lo sceneggiatore a tagliuzzare e concentrare il tutto. Meglio a questo punto un atto di coraggio eliminando quei rami che non potevano essere adeguatamente sviluppati per dare più spazio al cuore del soggetto. Bella invece la gag finale (attenzione spoiler) dell'automa che pian piano diventa sempre più completo, prendendo addirittura la parte di Paperardo.