Golconda la grande baraonda

In questo articolo parleremo di:

Golconda”, Dylan Dog n.41, dicembre 1992, testi di Tiziano Sclavi, disegni di Luigi Piccato, Sergio Bonelli editore.

Stangata agli inferi”, Dylan Dog n.454, giugno 2024, testi di Claudio Lanzoni, disegni di Giancarlo Alessandrini, Sergio Bonelli editore.

Fuga da Golconda”, Dylan Dog n.455, luglio 2024, testi di Claudio Lanzoni, disegni di Sergio Gerasi, Sergio Bonelli editore.

 

Tutto quello che vediamo nasconde qualcosa, e noi vogliamo sempre vedere cosa è nascosto dietro ciò che vediamo”.

René Magritte

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Era il dicembre del 1992 quando nelle edicole italiane uscì il numero 41 di Dylan Dog intitolato “Golconda”. Si tratta di un episodio mitico dell'indagatore dell'incubo, considerato dai lettori più affezionati come una delle “puntate” più rappresentative dell'intera serie. È uno degli albi che, insieme a storie come: “Il signore del silenzio”; “Attraverso lo specchio”; “I conigli rosa uccidono”; “Paura”; “Il buio”, “Memorie dall'invisibile”; “Morgana” e molti altri, hanno fatto il successo e la storia del personaggio. Rileggere oggi quella pubblicazione, dopo tanti anni e tanti numeri, fa una strana impressione. È un po’ come tornare indietro nel tempo, rimembrando con nostalgia surreale e bizzarra, atmosfere e suggestioni dimenticate. Un Tiziano Sclavi in piene forze alla tastiera della sua macchina da scrivere e un Luigi Piccato ai pennelli intinti in una cupa, profonda e intensa china, erano riusciti a generare alchemicamente un capolavoro indimenticabile. Il fumetto appare a tratti grezzo e artigianale se confrontato con le pubblicazioni attuali. Il lettering, fatto a mano, è irregolare. Il disegno e la gabbia di impaginazione poco precisi, quasi fanzineschi (e mi si perdoni il riferimento che non vuole essere dispregiativo, ma solo metterne in risalto l'aspetto ancora “popolare” e manuale della confezione del prodotto). Lo stesso protagonista è diverso: più rilassato, coccolone. Ha addirittura molti più capelli rispetto alla figura cupa e tenebrosa dei volumi ora in edicola.

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Disegni di Luigi Piccato.

La storia prende avvio da questi presupposti: una giovane ragazza di nome Amber è la proprietaria di un suggestivo locale notturno chiamato “Inferno”. Il nome del locale suggerisce il tipo di clientela che frequenta il posto con la quale il nostro eroe, dal viso candido e innocente, andrà inevitabilmente a scontrarsi dopo pochi minuti che è entrato con il suo fido assistente Groucho. Evidentemente i cugini Tex e Zagor insegnano le buone norme del comportamento civile. Amber sta aspettando da alcuni giorni un gruppo musicale punk chiamato i “Demoni”, che ha invitato a suonare nel suo bar e ai quali ha già pagato un anticipo. Non vedendoli arrivare Amber telefona al cantante, nonché leader del gruppo, per avere spiegazioni e sollecitare il concerto ma, esasperata dalla rabbia e dalla fretta, sbaglia il numero e compone sulla tastiera il 666666 (numero che ogni seicentosessantasei eoni diventa il contatto dell'inferno, al quale risponde Lucifero in persona. Mica male come casualità!). La telefonata, che risulta effettuata a Golconda in India, viene considerata dalla compagnia telefonica come interurbana e genera una bolletta stratosferica di migliaia di sterline. Dato che il gestore telefonico non sente ragioni (e non esistevano ancora i call center), Amber decide di recarsi in India di persona per capire cosa vi sia a Golconda che ha generato una tale bolletta. Dylan Dog, puntualmente innamorato della bella fanciulla, si offre di accompagnarla, ma non in aereo (mezzo del quale ha una forte fobia) bensì in automobile. Ha inizio così uno dei più memorabili viaggi del mitico maggiolone del nostro eroe.

La vicenda continua con una copia di giovincelli, bramosi di ardente passione, che si mette ad amoreggiare in un boschetto poco distante da Londra, ignara del fatto che quel terreno è il luogo dove un tempo sorgeva una chiesa chiamata, guarda caso, Golconda, sconsacrata a causa dei nefasti riti satanici che vi erano perpetrati. Il “peccato” sacrilego compiuto dai due ignari amanti apre un portale interdimensionale attraverso il quale bizzarre creature, mostri e demoni deformi, migrano sulla nostra Terra, compiendo un sacco di guai. Il varco fra realtà parallele è inoltre l’accorgimento narrativo che lo sceneggiatore utilizza per dar vita al suo tipico gioco di citazioni che spaziano dal mondo del fumetto a quello della letteratura, del cinema o della musica. Non si tratta però solo di un esercizio di stile, una dimostrazione autoreferenziale delle enciclopediche conoscenze possedute dall'autore, quanto piuttosto della capacità di Sclavi di strizzare l'occhio al suo lettore, condividendo con lui sogni e ricordi, per creare un clima quasi familiare, esclusivo (nonostante le centinaia di migliaia di copie vendute in quegli anni dal fumetto). Gli esperti di marketing lo definirebbero un riuscito sistema di fidelizzare il consumatore, ovvero la capacità di creare un particolare affetto fra scrittore e lettore, che ne garantisce la fedeltà. 

Donald Horton e R. Richard Wohl parlerebbero diinterazione parasociale”, ovvero una sorta di familiarità instaurata fra il pubblico e gli attori televisivi (i due scienziati sviluppano il concetto negli anni cinquanta, rilevando nel mezzo televisivo una capacità pervasiva che altri sistemi di comunicazione come stampa, radio e cinema non avevano). I rapporti parasociali sono esperienze impersonali, illusorie, come appunto la lettura di un fumetto, che soddisfano il bisogno di socialità tipico dell'essere umano, ma senza impegnarlo realmente in uno scambio relazionale più impegnativo. Non è un caso che oggi i social conquistino le giovani generazioni (e non solo) allontanandole sempre più da concrete esperienze di condivisione sociale. Sono ormai un ricordo lontano i cortili affollati da bambini impegnati in interminabili tornei di pallone, gli oratori frequentati da chiassosi ragazzini, i parchi affollati da scatenati fanciulli che giocano a nascondino. I social trasformano i nostri usi e consumi, oltre alle nostre posture (è tipico vedere lungo i marciapiedi file di giovanotti, affiancati uno all'altro, con la testa reclinata sul cellulare). Un disagio adattivo sociale che sfocia, nei casi più estremi, nell’isolamento degli hikikomori. Lo stesso Tiziano Sclavi, in epoche non sospette, era solito sottrarsi al pubblico, ai fan e ai giornalisti, rifugiandosi nella sua casa a scrivere storie che forse, di quel disagio, erano testimonianza, denuncia e condivisione.

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“Questo non è una pipa” (La trahison des images, o Ceci n'est pas une pipe), olio su tela (60,3×81,1 cm) realizzato nel 1929 e conservato nel Los Angeles County Museum of Art.

Ma torniamo al motivo principale del nostro articolo: dicevamo che dal varco creato fra l'Inferno e la nostra realtà iniziano ad uscire strane creature con le quali lo sceneggiatore si diverte ad inserire nel fumetto le sue passioni e il suo immaginario, ed in particolare la sua idiosincrasia verso tutto ciò che normalmente è considerato normale (e che quindi la società borghese e consumistica considera giusto, magari per poi nascondervi gli orrori più atroci). In particolare una figura diventa iconica dell'albo, tanto da conquistarne la copertina, quella dell'uomo in borghese, bombetta e ombrello. Il tipico colletto bianco, quanto di più borghese, quotidiano e normale vi possa essere. Sono proprio questi individui che incarnano l'essenza della “normalità” uno dei soggetti tipici del pittore surrealista René Magritte. L'artista belga li dipinge con una colomba o con una mela che ne nascondono il viso. Sono numerosi i dipinti di Magritte raffiguranti uomini in bombetta: L'assassino minacciato (1926), Golconda (1953) nel quale questi ometti in borghese sembrano placidamente fluttuare sopra i tetti della città, Il mese della vendemmia (1959) in cui compaiono da una finestra che non si capisce se sia aperta verso l'esterno o l'interno di una stanza buia e Il bouquet bell'e fatto (1956) dove l'uomo è rappresentato di schiena e sulle sue spalle compare la primavera di Botticelli. La faccia è ciò che dovrebbe svelare il vero volto di ciascuno di noi, ma proprio per questo ci è negata nei quadri di Magritte. L'invisibile rappresenta ciò che è sotto gli occhi di tutti ma che non riusciamo a vedere, perché esula dalle logiche con cui solitamente interpretiamo, giudichiamo e valutiamo il mondo che ci circonda. Magritte gioca spesso nelle sue opere nel creare uno scollamento fra realtà e rappresentazione, dimostrando che ciò che normalmente chiamiamo realtà non lo è. Celebre in tal senso il quadro “Il tradimento delle immagini”.

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René Magritte, L'uomo con la bombetta (L'homme au chapeau melon) 1964, collezione privata. 

Descrivendo il suo celebre dipinto Il figlio dell’uomo, Magritte si esprime così:

Ebbene, qui abbiamo qualcosa di apparentemente visibile poiché la mela nasconde ciò che è nascosto e visibile allo stesso tempo, ovvero il volto della persona. Questo processo avviene infinitamente. Ogni cosa che noi vediamo ne nasconde un’altra; noi vogliamo sempre vedere quello che è nascosto da ciò che vediamo. Proviamo interesse in quello che è nascosto e in ciò che il visibile non ci mostra. Questo interesse può assumere la forma di un sentimento letteralmente intenso, un tipo di disputa, potrei dire, fra ciò che è nascosto e visibile e l’apparentemente visibile”.

 “La mente ama l’ignoto. Ama le immagini il cui significato è sconosciuto, poiché il significato della mente stessa è sconosciuto”.

René Magritte

 I due ragazzi innamorati fanno una brutta fine: orrendamente straziati da un bulbo oculare con lunghi tentacoli, che poi ruba loro la bicicletta. Un altro riferimento surrealista? "L'occhio Mongolfiera" di Odilon Redon.

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Golconda ritorna dopo molti anni, nel giugno 2024, con l'albo numero 454. Ai testi Lanzoni Claudio, alle matite un insuperabile Giancarlo Alessandrini (che ci regala un'altra delle sue mirabolanti interpretazioni grafiche, con inquadrature e chine che ormai fanno scuola). Il numero è casualmente palindromo (casualmente?), non l'anno di pubblicazione, ne gli autori. Il titolo e il soggetto della storia sono una nuova citazione: il celebre film "La stangata" con Paul Newman e Robert Redford, vincitore di 7 premi Oscar. Il satanico telefono squilla ancora nella cantina di una normalissima villetta unifamiliare. Questo provoca la dipartita infernale dell'ignara signora che alza la cornetta e risponde e il conseguente incarico al nostro indagatore dell'incubo di tentarne il recupero. Ma come fare per andare all'inferno e, sperare di tornare su questa Terra, vivi? Non lo sveliamo per non spoilerare troppo, sta di fatto che il nostro eroe si unisce ad un gruppo di disperati predoni che hanno intenzione di rapinare nientepopodimeno di meno che il tesoro degli inferi. Secondo gli scalcinati ladri il caveau del diavolo conterrebbe un inestimabile tesoro: i beni preziosi di tutti i dannati morti senza eredi. Lanzoni orchestra un'intricata e dinamica avventura giocando sugli stereotipi di questo genere di racconti o pellicole cinematografiche.

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“Stangata agli inferi”, Dylan Dog n.454, giugno 2024, testi di Claudio Lanzoni, disegni di Giancarlo Alessandrini, Sergio Bonelli editore.

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Disegni di Giancarlo Alessandrini.

Il colpo, com'era facile intuire, non riesce e il nostro eroe finisce nelle carceri di Golconda, vicenda che si sviluppa nella pubblicazione in edicola il mese successivo. Anche in questo caso i riferimenti artistici si sprecano, a partire dagli immancabili ometti in bombetta della copertina; dalla moto con un grande occhio al posto del fanale; dal grande occhio che fa la guardia sulla torretta del carcere, con i suoi piovreschi tentacoli; al gigantesco quadro astratto appeso al centro del carcere di cui ne è la planimetria; alle immancabili scale contorte e intricate che richiamano Piranesi e Escher; al nome del direttore del carcere che è Kandinskij. Il finale circolare rientra in uno dei classici cliché horror e dylandogofili.

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“Fuga da Golconda”, Dylan Dog n.455, luglio 2024, testi di Claudio Lanzoni, disegni di Sergio Gerasi, Sergio Bonelli editore.

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Disegni di Sergio Gerasi.

Articolo di Masco Mor

Copyright 2024 Sergio Bonelli editore

Note:

1) Golconda è una città, ormai ridotta in rovina, che si trova nell'India centro meridionale, poco lontano dall'odierna città di Hyderabad, capitale dello stato indiano dell'Andhra Pradesh. Era famosa in passato per i suoi diamanti.

2) L'itinerario percorso dal nostro eroe, anche se senza collegamenti con il fumetto, è ben raccontato nel documentario “Long Way East” disponibile su Prime, nel quale il giocatore di volley Federico Marretta, in sella alla sua moto, percorre 26.000 km dall'Italia alla Mongolia lungo l'antica via della seta. Produzione Minerva Pictures 2023.

3) Il Prof. Mortimer de “Le avventure di Blake e Mortimer” di Edgar P. Jacobs.

4) René Magritte, L'uomo con la bombetta (L'homme au chapeau melon) 1964, collezione privata.

5) “Questo non è una pipa” (La trahison des images, o Ceci n'est pas une pipe), olio su tela (60,3×81,1 cm) realizzato nel 1929 e conservato nel Los Angeles County Museum of Art.

6) La stangata (The Sting) è un film del 1973 diretto da George Roy Hill, con Paul Newman e Robert Redford, vincitore di 7 premi Oscar.

7) “Fuga da Golconda”, Dylan Dog n.455, luglio 2024, testi di Claudio Lanzoni, disegni di Sergio Gerasi, Sergio Bonelli editore.


 Ulteriori approfondimenti:

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