Un’educazione paperopolese

Dizionario sentimentale della nostra infanzia

Valentina De Poli

il Saggiatore

Valentina De Poli in questo libro ci racconta la sua carriera professionale nella redazione del "topo" (così viene chiamata affettuosamente la testata “Topolino”) condividendo passioni, sogni e esperienze che in realtà riguardano, da novant'anni, molti milioni di italiani. Perché quell'albetto dalla costoletta gialla ha fatto la sua apparizione, più o meno di frequente, nelle case di ognuno di noi. Perché, se avete qualche decennio sulle spalle, quelle pagine ruvide e piene zeppe di disegni, vignette e suoni onomatopeici, hanno divertito e fatto sognare tutti noi, bambini dello stivale. Perché molti di noi si vantano nel dire ad amici e conoscenti, che hanno imparato a leggere ancor prima di andare a scuola… proprio sulle pagine del "giornalino" più letto dagli italiani. L'esperienza del topo è quindi una "dichiarazione di appartenenza" come scrive Valentina nell'introduzione del libro.

"Avevo trovato un mondo parallelo in cui sentirmi protagonista. In quelle vignette, infatti, avevo ritrovato bagliori della mia quotidianità rivisitata, sognata, camuffata, esagerata e irresistibilmente comica (…)"

Nel secondo capitolo Valentina ci svela l'esistenza di una cartella del suo cloud, dov'è contenuto un file con le più belle onomatopee disegnate dagli artisti disneyani. Un file che spesso è stato fonte di ispirazione per molti lavori redazionali. Le onomatopee sono una delle formule espressive più singolari e potenti del linguaggio fumettistico. Ne sono l'essenza. A differenza della letteratura, che ricorre continuamente alle metafore per far capire o comunicare qualcosa, il fumetto può essere più diretto ed immediato, per questo ha inventato dei codici che non richiedono interpretazione, mediazione, ma vanno dritti al segno. E proprio di segno grafico stiamo parlando, in grado di rappresentare suoni, rumori ma anche emozioni e sentimenti (altrimenti irrimediabilmente silenziosi).

educazione paperopolese

E poi ci sono i codici disneyani, ovvero cosa è concesso e cosa non lo è sulle pagine di Topolino. E così inizia una precisa e dettagliata analisi dell' "educazione paperopolese" (come indicato, non a caso, nel titolo del libro) che è inevitabilmente l'educazione di tutti noi, del nostro passato, dei nostri affetti, dei nostri valori, dei nostri sogni.

L’ex-direttrice, quasi in sordina, pian piano, pagina dopo pagina, si redime, ringrazia e cita proprio quelle storie e quegli autori che hanno osato di più nelle avventure del topo, trasgredendo o rivoluzionando un poco lo spirito disneyano e, a volte, pagandone pegno. Sembra quasi che la De Poli voglia togliersi qualche sassolino dalle scarpe e possa finalmente ringraziare, come non ha mai potuto fare, quei collaboratori che prima aveva il compito di bacchettare in quanto direttrice delle testate, ma che invece ammirava segretamente in quanto da sempre lettrice appassionata del mondo Disney. Valentina, rimembrando le sue esperienze nella redazione del topo, compone pian piano una vera analisi semiologia del linguaggio del fumetto (quella stessa semiologia che, l'autrice ci confida, avrebbe voluto studiare a Bologna iscrivendosi al Dams, per frequentare le lezioni di Umberto Eco e Renato Barilli), non fredda e asettica come potremmo trovarla su un testo universitario, ma piuttosto calda e appassionante, qualità tipiche di chi racconta di vignette e balloons. Perché Valentina ci mette tutti i suoi sogni, le aspirazioni, i desideri, le lotte e le battaglie, di un lavoro da "Mille e una notte", facendoci piangere e sognare insieme a lei.

In questo modo acquistano una formula insolita, romantica e personale, gli schemi a cui siamo abituati a sognare sulle pagine di topi e paperi.

Quanti di voi hanno, ad esempio, imparato il significato di alcune parole, leggendo Topolino? Su questa provata certezza si strutturò la scelta redazionale del primo decennio del nuovo secolo di lavorare sul lessico dei ragazzi, sempre più impoverito dal sempre più diffuso utilizzo degli SMS. "Mai cedere alla sciatteria del linguaggio". Il progetto si protrasse dalle pagine del settimanale, nelle librerie, fino alla premiazione alla fiera del libro di Torino, alla presenza di editori, scrittori, insegnanti e naturalmente tantissimi appassionati. Il binomio fumetto-lettura, che aveva svilito il nostro medium preferito per decenni, finalmente era stato sconfitto.

Il linguaggio è sempre stato un obiettivo fondamentale nella testata di Topolino. Anche nella sua formula di trasposizione letteraria avvenuta attraverso le parodie Disney di grandi classici come "I promessi paperi", "L'inferno di Topolino", "La vera storia di Novecento" dal romanzo di Alessandro Baricco.

Le parodie disneyane, oltre ad aver goduto sempre di un grande successo di pubblico ed essere state ristampate mille volte, acquistano un valore e sapore particolare. Sono state lette da schiere di lettori, spesso prima di approcciarsi al testo originale. Migliaia di bambini hanno conosciuto la storia scritta da Dante e da Manzoni, attraverso la particolarissima interpretazione di topi e paperi. In più, essendo in qualche modo già conosciuta, ne hanno filtrato (anticipandoli) temi e personaggi. Spiega molto bene il fenomeno il filosofo Giulio Giordano (citato dalla De Poli a pagina 58 del volume):

"Sottile proprietà, la somiglianza, perché mette sempre in gioco la differenza. Ed è proprio per questo che man mano si dispiegano i vari generi letterari, la parodia può diventare terribilmente seria, proprio perché è insieme libertà e conoscenza".

Valentina ci racconta, con passione e amore, i retroscena redazionali, dalla sua entrata negli uffici Disney all'età di diciannove anni per occuparsi della rubrica della posta, fino ai grandi successi come direttrice. Sempre tenendo come valore di riferimento il rapporto con il lettore, quel particolare feeling che deve crearsi per far innamorare il bambino e portarlo avanti fino alla sua tarda età. Quello che oggi i pubblicitari chiamano "fideiussione" ma che già ai tempi della Mondadori conoscevano bene, cercando di creare e stimolare quello speciale rapporto di fiducia con il lettore con iniziative come quella del Club di Topolino.

Poi, nel 1993 Topolino raggiunge quasi i quattro milioni di copie a settimana. Con quelle cifre in redazione hanno iniziato ad entrare gli uomini del marketing e "non è stato per niente facile rimanere concentrati sulla spontaneità della relazione (...). Il lettore è divenuto a tutti gli effetti un consumatore, un individuo su cui monetizzare".

La nostalgia, la passione, l'amore per quei personaggi, per quelle storie… non bastavano più. Parlando della sua carriera personale, svelandoci misteri e aneddoti del backstage del settimanale più famoso d'italiano, Valentina ci parla dell'evoluzione delle storie, delle trasformazioni editoriali, dei passaggi societari ma senza mai staccarsi dal lato più umano e reale di quelle esperienze. Come per esempio il tema del femminismo a cui è dedicato il capitolo "Poche ragazze da quelle parti". Topolino e Paperino (ovvero le loro controparti femminili Minni e Paperina) incarnano ancora l'idea della casalinga perfetta degli anni trenta americani. Sono tanto radicate in quello stereotipo che, nonostante i tentativi di svecchiamento linguistico o le eccezioni di alcune storie (che non fanno che confermare la regola), il pubblico per tradizione le vuole così: eterne fidanzate.

Valentina affronta poi il tema in profondità confrontando la disparità delle quote rosa in redazione e fra gli autori, ma mostrando come nel tempo le cose siano cambiate, grazie all'Accademia Disney o a testate come PK e le Wicht.