Miss Hokusai - Sarusuberi

di Hinako Sugiura

Traduzione di Enrico Colasurdo

Dynit, marzo 2020

brossura, 360 pp., b/n

24,90 €

La metà del XIX secolo vede la fine dell’isolamento medioevale del Giappone determinato dalla politica denominata Sakoku1: nel 1864, la flotta statunitense minaccia di aprire il fuoco dei cannoni nella baia di Tokyo, obbligando il paese ad aprire le frontiere e i porti agli scambi commerciali. Le preziose porcellane e il tè stivato nelle navi proveniente dal Giappone venivano protetti e imballati con le prove malriuscite delle stampe a xilografia della scuola pittorica giapponese Ukiyo-e, termine tradotto con “immagini del mondo fluttuante”, e alcune di loro finirono nelle mani di artisti europei che ne rimasero affascinati.

La xilografia è una tecnica d'incisione in rilievo in cui si asportano dalla parte superiore di una tavoletta di legno le parti non costituenti il disegno. Legni incisi per le stoffe esistevano già in Egitto, adottate dai Copti nel V e VI secolo d.C. La tecnica è di origine cinese e le prime stampe su carta risalgono all'VIII secolo d.C. L'incisione ebbe poi grandissimo sviluppo con l'invenzione e la diffusione della carta. In Europa fin dal XIV secolo si producono le prime xilografie.

Tra i molti artisti che vengono influenzati dall'arte che arriva dall'estremo oriente sicuramente ci sono gli Impressionisti. Una delle più importanti sfide che si prefiggono gli artisti dell'impressionismo è trovare una soluzione che risolva i problemi dovuti all'eliminazione del disegno e questo sistema viene suggerito loro proprio dalle xilografie importate in quegli anni dal lontano oriente. Che cosa aveva attratto l'attenzione di questi artisti in una tecnica e in una soluzione grafica così lontana dalla loro pittura ad olio? Essi erano stati colpiti dalla capacità di gestire i pesi, i pieni e vuoti, i bianchi e neri nelle incisioni di Hokusai2 e di altri grandi incisori del lontano oriente, semplicemente gestendo le forme e l'equilibrio nello spazio del foglio. Se i percorsi e le ricerche artistiche degli artisti giapponesi, così lontani dai modelli e dalle tecniche occidentali, riescono ad influenzare in maniera radicale l'arte moderna, questo ci dimostra il grande livello qualitativo che essi avevano raggiunto. Una capacità di sintesi nel disegno, adatta per cogliere le forme della realtà così come quella dei sogni e degli incubi che contraddistinguono la vita dell'essere umano.

Il più famoso fra gli artisti giapponesi, almeno in occidente, è sicuramente Katsushika Hokusai. Allievo di Katsukawa Shunsha, inizia la sua lunga carriera artistica realizzando stampe di scene teatrali e illustrando romanzi popolari. Raggiunta l'indipendenza stilistica assunse nel 1.797, all'età di trentaquattro anni, il nome di Hokusai (letteralmente: “Studio della Stella Polare3”), uno degli oltre trenta nomi che adotterà durante la sua lunga vita. Tra il 1810 e il 1814 realizza i suoi primi manuali destinati ai pittori e agli artigiani, i così detti “Manga4”, che successivamente lo renderanno celebre anche in Europa.

In Giappone, tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, erano molto diffusi i libri stampati con illustrazioni di vario genere: si andava dal paesaggio alle figure, dal genere erotico a quello teatrale, una particolare attenzione alla realtà e alla vita quotidiana che vedremo emergere anche nei percorsi artistici occidentali, in particolare verso la metà del XIX secolo, con il lavoro di autori come Gustave Courbet, Édouard Manet e Charles Baudelaire.

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Le vicende narrate nel fumetto, strutturate in brevi capitoli autoconclusivi (il volume è costituito da ben 352 pagine) hanno inizio nel 1814, quando Hokusai ha 55 anni. Il pittore lavora quotidianamente nel suo studio disordinato, aiutato dalla terza figlia Katsushika Ōi, detta O-Ei, una bella fanciulla di 23 anni, soprannominata scherzosamente dal padre “Mento”. Ospite in casa di Hokusai il giovane squattrinato e senza dimora Zenjiro Ikeda, conosciuto in futuro come Keisai Eisen5: impacciato e goffo, aiuta nei lavori dello studio, apprendendo nello stesso tempo l'arte e i segreti del disegno.

Nel fumetto i riferimenti al mondo artistico in cui si svolge la vita del maestro Hokusai sono molteplici: filtrano da ogni vignetta, da ogni accadimento della vicenda, senza mai essere didascalici, anzi divenendo parte essenziale del racconto, anche quando sono semplici dettagli o gag secondarie: ad esempio quando Ikeda disegna inavvertitamente sul retro di una tavola di Utamaro6, celebre allievo di Hokusai. Non mancano citazioni di poeti come Takarai Kikaku7, oppure lo scrittore popolare Santō Kyōden8. Nella vita dei protagonisti interagiscono anche i vari allievi di Hokusai che diventeranno altrettanto pittori famosi come: Katsushika Hokumei9,

Hokusai ci viene descritto come un personaggio buffo, insolito, molto curioso che, nonostante la sua fama, non esita a cercare soggetti insoliti, che non ha mai disegnato, come un cadavere o una testa mozzata. Una bizzarra passione per il macabro che ritroviamo a volte anche in un pittore solare e positivo come Claude Monet (pittore impressionista che si ispirerà proprio ai lavori di Hokusai) che dipingerà il ritratto della moglie mentre la assiste al capezzale, nelle ore notturne che la porteranno alla morte. Hokusai cerca soggetti insoliti per poter esplorare tutte le modalità espressive dell'arte e le potenzialità del disegno, nello stesso tempo è fortemente radicato nella cultura panteistica giapponese, alle tradizioni e superstizioni popolari. Il pittore giapponese non ci pensa due volte a fuggire o a trovar scuse se deve fare lavori che lo annoiano, anche se ben retribuiti.

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Hinako Sugiura è molto abile nel tratteggiare un percorso narrativo piacevole e ricco di dettagli, visivi e sentimentali, che ci calano in maniera realistica nell'ambiente giapponese dell'inizio del XIX secolo. Riesce a suggerire il freddo dell'inverno quando disegna i personaggi che si accalcano attorno alla piccola stufa che sta al centro dello studio, oppure quando Hokusai e Mento si avvolgono in ampie coperte ricamate, quando bevono il kanza-mashi (sake raffreddato) per riscaldarsi o ancora quando vanno a mangiare i soba (caratteristici tagliolini di grano saraceno) nei classici chioschi all'aperto, oppure il Mochi, dolce preparato con la farina di riso. Le ampie coperte diventano in altri momenti espressione metaforica per descrivere le emozioni: se il personaggio vuole ritrarsi, fuggire ad una situazione emotiva, eccolo disegnato fra le ampie coltri della trapunta (ricordandoci simpaticamente la coperta di Linus). Il disordine dello studio di Hokusai, che i suoi editori gli rimproverato quando vanno a trovarlo con clienti, non è solo una precisa descrizione anedottica, ma è anche un modo per descrivere il carattere del personaggio. Come il Pippo disneyano, l'incisore giapponese è poco attento alle occupazioni quotidiane, i suoi occhi osservano altro, sono attratti da un particolare, un dettaglio che inevitabilmente finirà nei suoi disegni. A volte si corica in mezzo alla strada e i passanti accorrono per aiutarlo, ma in realtà Hokusai sta solo osservando il mondo che lo circonda da un punto di osservazione nuovo, vuole capire l'ottica dei cani o dei gatti che possono vedere ciò che l'uomo neppure considera. In maniera analoga, in un altro capitolo del manga, troviamo il maestro appollaiato sul tetto della sua casa, ad ammirare il cielo e il paesaggio che circonda la sua dimora, cercando lo sguardo degli uccelli.

Mentre l'autrice giapponese ci trascina fra episodi divertenti e ricchi di fascino e mistero, tra commissioni rifiutate, invenzioni pittoriche, bizzarre ricerche artistiche, assassini, amori disperati e morti che ritornano, raccontandoci le notizie più curiose della vita di Hokusai, pian piano, dall'angolo dello studio in cui era relegata a disegnare, emerge la figura di Mento, la vera protagonista del racconto, colei che sostiene, aiuta e diventa la fondamentale spalla su cui si appoggia il famoso ma distratto padre.

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Gli approfondimenti artistici che Hinako Sugiura riesce a toccare con il suo racconto a fumetti non sono per nulla banali. Molto interessante ad esempio il problema della “copia”: ogni allievo deve copiare il suo maestro per apprendere i segreti della tecnica e delle scelte artistiche ma viene il momento in cui, grazie ad una sicurezza acquisita attraverso migliaia di disegni, il giovane studente si trasformerà in un artista autonomo. La copia quindi non dev'essere intesa come qualcosa di negativo (accezione che oggi, soprattutto nel mondo occidentale, ha assunto in maniera preponderante). In passato copiare il lavoro di un altro artista era l'unico modo per poterne diffondere l'immagine. Per riprodurre il cartone preparatorio della “Battaglia di Anghiari” di Leonardo, nel 1603 Pieter Paul Rubens deve aver impiegato circa lo stesso tempo del maestro (seppur il pittore vinciano fosse molto lento). Ma proprio grazie a quella copia oggi possiamo ammirare un capolavoro che altrimenti sarebbe andato irrimediabilmente perduto. Il giudizio sul valore della riproduzione di un'opera d'arte cambia grazie alla riflessione apportata dal filosofo Walter Benjamin nel suo celebre saggio “L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica10” in cui il filosofo propone che l'aura di un lavoro artistico venga svalutata dalla sua riproduzione meccanica attraverso mezzi tecnologici quali la fotografia, il cinema o il fonografo. Hinako Sugiura riesce a trasmetterci gli stessi complessi concetti attraverso un semplice capitolo del suo romanzo per immagini, raccontandoci uno degli aneddoti del pittore giapponese.

Una delle scene che più ci ha colpito per poesia e forza narrativa è quella del dipinto del drago. Una leggenda giapponese racconta che il drago sia un animale molto diverso dagli altri e che per poterlo disegnare bisogna attendere che scenda dal cielo. Il committente arriva nello studio di Hokusai per reclamare il suo dipinto ma a nulla valgono le sue rimostranze: il vecchio pittore e la giovane figlia rimangono imperturbabili. Aspettano. Un drago non può essere disegnato facilmente, non lo possono fare i giovani assistenti che, non capendo ciò che sta per accadere, si ubriacano di sakè. Solo il maestro e la figlia attendono nella notte, pronti con le armi della pittura a catturare l'istante in cui il drago si rivelerà. Una bellissima metafora su cosa sia l'ispirazione artistica, ma anche la capacità di descriverci la sottile magia che ammanta i lavori di questo grande autore.

La mangaka descrive le tradizioni e l'organizzazione del lavoro: in quel periodo in Giappone le pubblicazioni erano mese in vendita contemporaneamente il secondo giorno dell'anno. Per questo motivo i pittori realizzavano le loro opere durante l'estate, per aver pronto il libro secondo le consegne stabilite.

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Il manga scivola con maestria tra le piccole vicende quotidiane in cui viene alla luce l'animo ludico, spensierato e bizzarro di Hokusai (come quando il maestro, senza riflettere troppo sulle sue azioni, si mette a disegnare sul muro di una casa insieme a dei bambini) e gli accadimenti più rappresentativi della vita del maestro. Ad esempio il 13 aprile del primo anno dell'era bunka (1804), quando al Gokoku-ji, a Edo, il pittore dipinse il grande monaco Bodhidharma11 su un foglio con una superficie di centoventi tatami12.

Visto il grande successo riscontrato, Hokusai ripeterà la stessa impresa disegnando un immenso cavalo nel quartiere di Honja, ed in seguito un ritratto gigante di Hotei13 un monaco buddista, venerato in Giappone come uno dei sette dei della fortuna. Genio del marketing ante litteram, Hokusai passò quindi a dipingere in miniatura: dipingendo due passeri su un chicco di riso e poi altri svariati soggetti su scatole, uova, fiaschette per il sakè, meloni, ecc. In altri casi si esibiva utilizzando la mano sinistra oppure meravigliava i suoi spettatori con opere che potevano essere interpretate anche da capovolte.

Silente e quasi nascosta, in tutte queste occasioni, c'è sempre lei, O-ei, china sul tavolo da disegno o ad occuparsi di sbrigare le occupazioni per portare avanti lo studio del padre, silenziosa eppure cosi essenziale, austera e rispettata. Spesso è lei a terminare i lavori del genitore o a realizzarli completamente, senza che gli acquirenti si accorgano della differenza.

Segnaliamo infine la pagina iniziale della pubblicazione che riporta alcune indicazione sulla pronuncia dei nomi, così come altrettanto utile risulta la chiusura del volume con una serie di note esplicative che consentono di entrare con maggior consapevolezza nel racconto a fumetti.

Miss Hokusai, pubblicato in Italia da Dynit in due volumi, permette di scoprire la figura di O-ei, poco raccontata e occultata dalla fama del genitore e, come spesso è accaduto nel passato, dal fatto di essere donna. Il manga è del 1983 e nel 2015 la storia è stata ripresa in un anime dal titolo “Sarusuberi: Miss Hokusai - Mirto crespo”, purtroppo ancora inedito in Italia.

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Masaya Suzuki © Hiroko Suzuki 1996 All rights reserved © Dynit Manga Srl, 2020 for the Italian language edition. Original Japanese paperback edition published by Chikumashobo Ltd., Tokyo. Italian translation rights arranged with Chikumashobo Ltd., through le Bureau des Copyrights Français, Tokyo. Per l’edizione italiana © 2020 Dynit Manga Srl All rights reserved.


Note:

1Sakoku ("paese incatenato" o "blindato") è il nome con cui si indica in Giappone la politica di autarchia praticata durante il periodo Edo dallo shogunato Tokugawa, iniziata con un editto dello shōgun Tokugawa Iemitsu nel 1641 e terminata per opera del commodoro statunitense Matthew Perry e delle sue Navi nere nel 1853.

2Katsushika Hokusai (Edo, ottobre o novembre 1760 – Edo, 10 maggio 1849).

3La stella polare, oltre a essere un simbolo di buon auspicio per una brillante carriera, è anche la figura in cui si è incarnata la divinità buddista Myoken, venerata da Hokusai fin dalla nascita.

4Il termine manga, letteralmente "immagini derisorie", con cui oggi indichiamo i fumetti giapponesi, fu inizialmente usato alla fine del XVIII secolo in alcune pubblicazioni, come il libro d'illustrazioni “Shiji no yukikai” di Santō Kyōden, e il manga “hyakujo” di Aikawa Minwa, entrambi del 1798. In seguito il vocabolo fu usato da Hokusai nella raccolta “Hokusai manga” del 1814 ma la parola non entrò nell'uso comune fino al XX secolo. Rakuten Kitazawa fu il primo disegnatore a utilizzare la parola manga.

5Keisai Eisen, nato Ikeda Eisen, noto anche con lo pseudonimo di Ippitsuan (Edo, 1790 – Tokyo, 20 agosto 1848), è stato un artista e scrittore giapponese di xilografie. Le sue migliori opere sono considerati capolavori della decadente era Bunsei.

6Kitagawa Utamaro (1753 – Edo, 1806) è un famoso pittore e disegnatore giapponese, conosciuto principalmente per i suoi studi di donne, magistralmente composti, chiamati bijin-ga. Compì anche degli studi su soggetti naturali, in particolare libri illustrati sugli insetti.

7Takarai o “Enomoto” Kikaku (1661-1707) poeta haikai di epoca Edo.

8Santō Kyōden, scrittore giapponese il cui vero nome era Iwase Denzō (Edo 1761-1816). Conosciuto anche come autore di ukiyo-e e illustratore di libri sotto lo pseudonimo di Kitao Masanobu, sperimentò con successo i vari generi di romanzo più in voga ai suoi tempi: dai kibōshi agli sharebon (“libri alla moda”, “libri arguti, piccanti”, ambientati per lo più nei quartieri di piacere), ai romanzi storico-avventurosi.

9Katsushika Hokusai (Edo, ottobre o novembre 1760 – Edo, 10 maggio 1849) pittore e incisore giapponese, conosciuto principalmente per le sue opere in stile ukiyo-e.

10Walter Benjamin, "L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica", (titolo originale: "Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit"), 1936.

11Bodhidharma (Iran, 483 circa – Tempio di Shao-lin-su, 540) fu un monaco buddhista, 28º patriarca del Buddhismo indiano secondo la tradizione Chán/Zen, appartenente alla corrente Mahāyāna, ed erede del Dharma, secondo il lignaggio Chán, del maestro Prajñātāra.

12Il tatami è una tradizionale pavimentazione giapponese composta da pannelli rettangolari modulari, costruiti con un telaio di legno o altri materiali rivestito da paglia intrecciata e pressata. Nonostante esistano delle varianti regionali più o meno differenziate per il metodo di intreccio, la decorazione e le dimensioni, i pannelli hanno sostanzialmente caratteristiche standard, il che rende di fatto il tatami un modulo proporzionale e un'unità di misura edile.

13Hotei, dio della gioia, è rappresentato solitamente come un Buddha Felice che porta con sé una sacca di tesori e un ventaglio.