Dragonero n. 9 - Il ribelle
Testi di Luca Enoch
Disegni di Gianluca Gugliotta e Alex Massacci
La serie di Dragonero si è dimostrata, ormai da tempo, uno dei migliori prodotti della Sergio Bonelli editore. I suoi due creatori, Luca Enoch e Stefano Vietti, hanno saputo dar vita ad un mondo, quello dell'Erondàr, estremamente vasto e corale, con ambientazioni spettacolari, popoli e mitiche creature che riprendono la tradizione del genere fantasy, elaborando e riproponendo in maniera nuova ed accattivante orchi, nani, elfi, troll, ghoul, abomini, maghi ed altri incredibili personaggi, il tutto miscelato con grande realismo e coerenza narrativa. Dragonero è anche una collana estremamente innovativa! Pur partendo dalla classica struttura editoriale bonelliana e da quel gusto per l'avventura che per la casa editrice milanese è divenuto nei decenni slogan e strategia commerciale, questa serie fantasy ha dimostrato, album dopo album, di sapersi modernizzare adattandosi o proponendo nuove formati e soluzione editoriali. E’ sulla testata di Dragonero che abbiamo potuto vedere le prime rotture della tradizionale gabbia bonelliana, per lasciar spazio a splash pages spettacolari e inquadrature mozzafiato. E’ sempre stato Dragonero a sperimentare nuove strade attraverso le quali ampliare il racconto della saga, come quelle dei romanzi ("La maledizione di Thule"1 di Stefano Vietti e "Il risveglio del potente"2 di Luca Enoch), dei giochi di ruolo, degli speciali, dei CrossOver (Ian Aranil, il paladino dell’Erondàr, incontra Zagor, il signore di Darkwood, nello speciale n.2 in edicola nel luglio 20153). Non paghi di tutto ciò i due autori si sono poi dedicati alla realizzazione di volumi cartonati da libreria nel formato dell'album francese creando una costola della serie appositamente dedicata, quella dei “Senzanima”. Si tratta di volumi caratterizzati da un linguaggio e da ambientazioni più dure e cruente, rispetto alla serie mensile da edicola, con una colorazione particolarmente accurata, che risalta grazie alla qualità della carta. La valenza e la duttilità del mondo creato da Enoch e Vietti si è prestata anche per la nascita di una serie young intitolata “Dragonero Adventures” rivolta ad un pubblico giovane e già uscita nelle edicole dal 2013. Partendo da questa miniserie, Rai Ragazzi e Sergio Bonelli Editore hanno iniziato i lavori di produzione di 26 episodi da 26 minuti che comporranno la serie animata di Dragonero, realizzata con tecnica mista 2D e 3D e diretta a un pubblico di età compresa tra i 7 e i 12 anni.
Indubbiamente Luca Enoch e Stefano Vietti sono due grandi autori, che hanno dimostrato in più occasioni, ancor prima di lavorare su Dragonero, le loro qualità di storytelling. Sono due creativi che hanno saputo osare e nei quali la casa editrice ha creduto, dando loro estrema fiducia. Soprattutto sono due “fumettari” moderni perché hanno ben capito che nel mondo editoriale contemporaneo, ed in particolare in quello delle nuvolette, non ci si può più permettere di fossilizzarsi su formule narrative troppo statiche. Hanno così deciso di rivoluzionare completamente l'universo di Dragonero, prima con la saga delle regine nere, che una volta conclusa non ha riportato tutto com'era all'inizio, come purtroppo spesso accade nelle serie popolari, ma anzi ha saputo ribaltare la situazione al punto da trasformare il protagonista Ian Aranill da paladino della legge, rappresentante dell'impero, a primo elemento della ribellione contro l'impero stesso, corrotto da perversione e poteri malvagi.
L'operazione delle regine nere è stata tanto forte, editorialmente parlando, che dopo la conclusione del suo ciclo (avvenuta non senza perdite di personaggi e profondi danni collaterali all’interno del mondo fantastico dell’Erondàr) ha portato addirittura la serie a ripartire con la numerazione dal numero uno, cambiando il logo e l’illustratore delle copertine (in precedenza realizzate dal tridimensionale Giuseppe Matteoni e ora dell'altrettanto plastico Gianluca Pagliarani). Se l'operazione ha sicuramente delle motivazioni promozionali per rilanciare la testata e conquistare un nuovo pubblico, va riconosciuto alla coppia di autori di non essersi risparmiati nel prodigarsi ad inventare nuove incredibili avventure in cui ambientare le loro storie, dimostrando un profondo amore per il loro lavoro e una grande rispetto nei confronti delle aspettative del lettore.
Analizzando le vicende delle ultime pubblicazioni salta all'occhio il numero nove della nuova serie, intitolato “Scacco alla torre” e pubblicato in edicola nel luglio del 2020. I testi sono di Luca Enoch, mentre i disegni sono realizzati magistralmente dalla coppia Gianluca Gugliotta e Alex Massacci. La storia ci ha particolarmente colpito perché dimostra (se ce ne fosse ancora bisogno) come anche un fumetto seriale e “popolare” (cioè pensato e strutturato principalmente per una lettura di svago e divertimento, con una vicenda basata sull'azione e l'avventura) possa comunque proporre contenuti e spunti di lettura che suggeriscono una riflessione. Arriviamo subito al punto spiegando sinteticamente di che cosa si parla fra le pagine dell’album. Myrva (sorella di Ian ed ex tecnocrate, ora schierata dalla parte dei ribelli insieme al fratello) e Ian Aranill riescono ad arrivare di nascosto alla torre di Tectuendart, sede della gilda dei tecnocrati, grazie ad un rudimentale ma efficace sottomarino progettato dalla ragazza. L'obiettivo dei due fratelli, paladini della ribellione, è quello far esplodere la torre, infatti all’interno di essa l'impero sta facendo costruire pericolose armi di distruzione di massa. Essendo Myrva una delle più importanti tecnocrati, prima della caduta del vecchio impero, può avvalersi dell'appoggio di alcuni vecchi amici che ancora lavorano all'interno dell'edificio. Luca Enoch, da sempre particolarmente abile nel gestire personaggi femminili (tra i suoi maggiori successi ricordiamo Sprayliz, Gea e Lilith), pone in secondo piano il vero protagonista della serie, ovvero Ian Aranill, per spostare l'attenzione sulla figura di sua sorella Myrva: abile, bella e intelligente. E’ vero che l'intera serie racconta le gesta di un gruppo di eroi molto ben caratterizzati, che si muovono coralmente attorno a quello che si identifica come protagonista. Non è un caso che la testata non porti il nome dell’eroe principale, come invece accade nelle altre pubblicazioni più tradizionali della casa editrice milanese. Questo drappello di amici e combattenti è costituito anche da parecchie presenze femminili: prime di tutto Sera la piccola elfa ribelle, e poi Aura la maga vampira, Briana l'amante di Ian e Keyra la fidanzata orchessa di Gmor, Shote una selvaggia guerriera da poco entrata a far parte del gruppo e Nube, la "figlia di Karnon" dalle zampette di cerbiatto.
Questi personaggi, pur non rubando solitamente la scena al protagonista, non si comportano neppure da semplici spalle, come le intendiamo nel più classico fumetto della tradizione bonelliana (si pensi a Kid Carson per Tex oppure a Cico per Zagor, ma anche, uscendo dal contesto bonelliano, a Pippo per Topolino, ecc…). Essi costituiscono invece un vero gruppo di amici che si comportano come tali, in maniera molto realistica e quotidiana (con momenti di tensione e altri di confronto), anche se vivono avventure pericolose e straordinarie. In questo modo i tuoi i due sceneggiatori propongono al lettore una narrazione più vera e dinamica, autentica.
Nell'episodio che abbiamo scelto per questa recensione, non a caso intitolato “Scacco la torre”, facendo evidentemente riferimento al gioco degli scacchi, Enoch compie un vero arrocco, spostando in prima linea la giovane Aranill. E’ Myrva a condurre il gioco, ad organizzare la missione; è sempre lei a conoscere la struttura e i punti deboli della torre dove collocare gli esplosivi che la faranno crollare; è ancora lei a conoscere le persone (i suoi ex colleghi) che ci lavorano, parte dei quali gli daranno appoggio nella difficile impresa; ed è sempre lei ad essere posta di fronte ad un difficile quesito: è giusto distruggere la torre, laboratorio all'avanguardia della scienza del mondo di Dragonero, con tutte le invenzioni e i progetti che essa contiene? Quella torre rappresenta la più alta testimonianza e conservazione del sapere e delle conoscenze scientifiche dell’Erondàr. Enoch propone un momento di riflessione che sta alla base della storia: si stanno comportando correttamente i due eroi? E’ eticamente giusto distruggere Tectuendart? Qual è il limite della scienza e quale quello della coscienza? Per fermare l'avanzata dell'impero, per bloccare la terribile minaccia degli strumenti di morte che vengono costruiti nella torre, i due fratelli sono disposti a sacrificare anni e anni di studi e invenzioni? Scoperte scientifiche e tecnologiche, alcune delle stessa Myrva che, se utilizzate correttamente, potrebbero cambiare la sorte e la qualità della vita della popolazione?
L’intrigante quesito di Enoch non si ferma a questo. In uno dei laboratori della torre Myrva trova alcune delle sue invenzioni mai utilizzate, tra le quali: il torchio per la stampa a caratteri mobili (nella realtà inventato da Gutenberg4 nel 1400) e una sorta di planetario che la ragazza indica come “studio sulla disposizione dei pianeti e delle stelle fisse” (ricordiamo che nel mondo di Dragonero esistono due lune). Il riferimento a Galileo Galilei5 e la sua necessità di abiurare per salvarsi dal tribunale dell’inquisizione è scontato. Lo sceneggiatore si sofferma soprattutto sulla prima invenzione che descrive come un'occasione perduta per l'evoluzione e il progresso del mondo dell’Erondàr. In un breve flashback ci viene raccontato come Myrva inventò questa macchina e la presentò all'imperatore che ne rimase favorevolmente colpito, ma fu il controverso cancelliere Ausofer a descrivere, con la sua capacità affabulatoria, la pericolosità di una tale invenzione (parole che Enoch utilizza proprio giocando sul paradosso, per dimostrarci invece la qualità di una così incredibile invenzione tecnologica): “(...) non dobbiamo permettere che il sapere e si diffonda troppo. Se i libri sono alla portata di tutti, tutti sapranno tutto ... e quella conoscenza che il maestro promette solo alla ristretta cerchia dei suoi discepoli sarà svalutata ... e poi questo è un sapere che non ha alcun valore ... non è vero sapere. Leggendo semplicemente le cose sui libri non si impara nulla. Chi crede di apprendere unicamente attraverso la lettura s'inganna ... se non ha un maestro che lo aiuta a comprendere, il suo non è un vero sapere ma solo illusione. La vera memoria non è quella stampata sui libri ma quella vergata nell'anima di chi apprende. Le parole restano gli scritti no!”
Verba volant scripta manent (aggiungiamo noi…).
Con queste dure parole Ausofer chiudeva per sempre la strada per lo sviluppo e la diffusione della cultura attraverso la scrittura nel suo mondo. Affermazioni che gli permisero di mantenere ancora il controllo sul potere imperiale fino all’arrivo delle mistificazioni pseudo religiose di Leario. Ausofer è un personaggio molto interessante tra quelli che appaiono nella serie di Dragonero: intelligente, doppiogiochista (se non astutamente triplogiochista), antipatico, scaltro, un character tutto sommato negativo nella prima parte della serie, che vive alle spalle dell'imperatore gestendo il potere, attraverso intrighi di corte ma, i cui segreti più reconditi, permettono alla casata imperiale di regnare. Pronto a divenire l'occulto capo della rivolta quando Leario, malefico rappresentante del potere religioso e della superstizione, si pone contro di lui.
Quanto risuonano vere e attuali le tragiche parole di Ausofer, anche nel nostro mondo contemporaneo, dove complottisti, terra-piattisti, finti maghi, sette assurde e contorte fake news si diffondono con estrema facilità attraverso i social e i media, riuscendo a banalizzare (e così cancellare) la verità della scienza e della parola scritta. “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”6 recita la Bibbia, riconoscendo alla parola un valore che trascende addirittura la nostra stessa esistenza. Di libri dannati ci narra Umberto Eco in quella che forse è il suo miglior romanzo, ovvero “Il nome della rosa7” (trasposto in pellicola con la recitazione di Sean Connery8). Libri maledetti e pericolosi, che vanno però ugualmente conservati perché in essi è conservato un sapere fondamentale per l'esistenza umana. Solo in “Fahrenheit 4519” è il “sapere orale” a divenire l’unica forma di trasmissione del sapere, a causa di un potere politico corrotto che mandava al rogo tutti i volumi. L’invenzione della scrittura segna il passaggio dal mito alla storia. Inevitabilmente rinunciando alla ricchezza del sapere orale, il genere umano sceglieva una forma di condivisione del sapere che fosse diffuso e democratico, nel quale tutti potessero riconoscersi, senza distinzioni. La storia della democrazia doveva ancora essere scritta e probabilmente la sua stesura non è ancora completata neppure oggi, ma solo attraverso strumenti chiari e non discriminanti potremo riuscire a raggiungere un giorno quest’obiettivo.
Le immagini sono copyright Sergio Bonelli editore 2020.
Note:
Ulteriori approfondimenti:
Scheda autore: Enoch Luca