Chester Brown

Non mi sei piaciuto

A chi gli chiedeva il perché del successo d’oltreoceano del suo film, “I Vitelloni”, Federico Fellini rispondeva affermando che quei suoi personaggi, quei vitelloni appunto, rappresentavano una realtà comune ad ogni paese, persino a quella lontana America.

L’identificazione sociale, il trovarsi rappresentati attraverso quel linguaggio universalmente condivisibile, era il motivo che portava gente così lontana nelle sale.

Quando ci confrontiamo con il lavoro di altri, che nell’opera di Chester  Brown è evidente volontà di comunicazione, l’emozione più forte la proviamo nella condivisione di alcune realtà. Non  solo di realtà fisiche precise in cui riscontrarsi, che limiterebbero l’approccio a pochi, ma emotive e sensoriali. Chi, con padronanza dei mezzi comunicativi necessari, parla di un qualcosa che ben  conosce, che gli appartiene sia per sensibilità che per conoscenza personale, racconta più di una storia.

Dietro “Non mi sei mai piaciuto” si avverte una realtà evocata con sofferenza. E’ il dolore raccontato con i silenzi, le lunghe pause, con i vuoti, aspettando  “quell’azione che non avverrà mai”. Il tutto si conclude, o non si conclude, con un attesa più lunga delle altre. Ed è una pagina nera quella che ci troviamo davanti, che nella consapevolezza dell’autobiografismo avvertiamo piena di materia compressa, successiva, la quale con un grande sforzo di volontà è riuscita a liberare alcune pesanti pagine del passato. L’attesa più lunga è quella di un racconto di una vita. Possiede una dimensione particolare quest’opera. Quando si ripensa al proprio passato lo si fa con un certo sapore nostalgico, con un distacco dovuto alla personale esperienza. Anche il dolore, che ricordato porta sofferenza, si presenta confuso, accettato. Non c’è giudizio nelle tavole di Brown, ne una maturità censorea, ma solo un senso diffuso di liberazione, quasi catarsi. Uno sforzo di volontà si avverte fino alla fine; di una lotta contro il patetismo e l’autocommiserazione che risulta vinta. Ed è questa tensione che porta il lettore ad emozionarsi. 

Articolo di Andrea Tosti

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