Moebius

Jean Giraud (Jean Henri Gaston Giraud), ovvero Jir, ovvero Moebius, nasce l'8 Maggio 1938 a Nogent-sur-Marne, vicino a Parigi.

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È uno degli artisti che hanno saputo rivoluzionare il modo di fare fumetto e di raccontare, con una grandissima abilità nel disegno, ma anche nell'ideazione nella strutturazione delle storie. Maestro e punto di riferimento per moltissimi artisti di ogni parte del mondo.

Ricordo che da bambino, quando con i miei genitori si andava in vacanza nella casa di montagna, la prima cosa che facevo appena raggiunto la vecchia baita sperduta nei boschi, era salire nella soffitta e aprire l'armadio dove custodivo i miei fumetti. Ogni estate li rileggevo tutti, ed in particolare ero affascinato da una storia dove uno strano tizio volava in una sorta di deserto sconfinato fino a giungere ad un vecchio palazzo che si ergeva solitario e misterioso in mezzo a quel vuoto assoluto. Quella storia, non sapevo perchè, mi colpiva particolarmente sia per il disegno che per il fascino del racconto, un poco surreale e spiazzante. Ero un bambino e ancora non avevo imparato a memorizzare il nome dell'autore di quella storia. Un nome che sarebbe diventato poi uno dei miei autori di fumetti più apprezzato e amato. Quell'autore era ovviamente Moebius.

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Nel 1941 i genitori divorziano e il piccolo Jean, figlio unico, viene affidata ai nonni materni che abitano a Fontenay. Nella casa dei nonni, durante una convalescenza per influenza, scopre i fascicoli di “Les Tours du monde” con alcune illustrazioni dell’ottocento, elemento che caratterizzerà il suo stile e la sua ricerca artistica. 

Grande lettore di fumetti, fra i suoi preferiti Superboy e una versione a fumetti di Tom Sawyer. Fin da piccolo dimostra la grande abilità nelle tecniche grafiche. Si iscrive a un corso di disegno per corrispondenza e dopo essere stato rifiutato due volte da una scuola superiore d’arte, nel 1954 si iscrive all'accademia di Art Appliqués di Parigi. La frequenta per due anni, poi conosce Jean-Claude Mezieres e Pat Mallet che come lui vogliono disegnare fumetti. 

Nel 1956 inizia la sua collaborazione con la rivista “Far West” per cui ha l’incarico di disegnare il fumetto comico “Frank et Jerémie”. L’anno seguente inizia la sua collaborazione con un altro giornale cattolico, “Coeurs Vaillants” dove pubblica la sua prima storia western.

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Con il guadagno ricavato da questa prima pubblicazione lascia la Francia e si sposta in Messico dove raggiunge la madre che si è appena risposata e dove soggiorna per otto mesi, incominciando una delle sue esperienze di vita più caratterizzanti (scopre la marijuana, il be-bop e il sesso). E qui che conosce i tipici paesaggi desertici che ritroviamo spesso nelle sue opere, ed in particolare il deserto che lui denomina il deserto B

Torna in Francia per il servizio di leva che dura ventisette mesi: sedici in Germania e il resto in Algeria.  Diventa assistente e inchiostratore di Jijé (Joseph Gillain) e con cui realizza un episodio della serie western di Jerry Spring dal titolo “La route de Coronado” (1961). Continua questa collaborazione fino al 1963.

Collabora quindi con Mezieres alla realizzazioni delle illustrazioni per un’enciclopedia sulla storia delle civiltà (pubblicata da Hachette). 

Nel 1960 aveva visto la luce la rivista di satira “Hara Kiri” a cui parteciperanno tra i migliori autori del fumetto francese come: Topor, Reiser, Wolinski. Su queste pagine nel 1963 nasce lo pseudonimo di Moebius con le tavole de “L’homme du XX siecle” ispirate ad autori americani come Elder, Davis, Kurtzman della rivista “Mad”.

 Nel 1963 firmandosi con lo pseudonimo Gir, crea il personaggio Blueberry insieme allo sceneggiatore Jean-Michel Charlier, all'epoca direttore della rivista “Pilote” (settimanale fondato da Goscinny). Le avventure del tenente Blueberry iniziano con la storia “Fort Navajo”.

 Sempre partire dal 1963 con la firma Moebius inizia a realizzare una serie di altre storie slegate da una continuity di ambientazione precisa ma di un argomento più fantastico fantascientifico o ironico. 

Sempre quest'anno incomincia la sua attività di illustratore grafico pubblicitario. Con le edizioni Opta specializzata in science-fiction realizza illustrazioni per il circuito librario e per due collane da edicola: Galaxie e Fiction.

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Nel 1965 Moebius compie il sue secondo viaggio in Messico, dove farà l’esperienza dei funghi allucinogeni e dove realizzerà delle illustrazioni per le poesie dell’esule cileno Alexandro Jodorowsky (poeta, autore e attore teatrale). I due si conosceranno solo una decina d’anni dopo e realizzeranno insieme importanti lavori.

Nel 1968 a causa dei continui ritardi di Charlier nel terminare le sceneggiature, Gir parte improvvisamente per gli Stati Uniti lasciando in sospeso le storie di Blueberry. Sarà lo stesso Jijè a terminare il quarto episodio della serie intitolato “Blueberry: il Cavaliere perduto”.

Nel 1973, firmandosi come Moebius, pubblica su Pilote la storia “La deviazione”, metafora del bivio della sua decisione artistica, proponendo una tipologia di fumetto adulto, espressivo, con motivazioni artistiche non strettamente commerciali. Inizia in questo modo a uscire dalle classificazioni riduttive del fumetto tradizionale.

Nel 1974 sulle pagine del numero 8 della rivista “Echo des Savanes” pubblica la storia “Incubo bianco” in cui denuncia il razzismo xenofobo che alberga nei cittadini francesi. Il linguaggio è assolutamente innovativo, si rivolge ad un pubblico adulto, salta la censura del fumetto per ragazzi per proporre temi sociali e politici. Su questa rivista, insieme ad autori come Mandryka, Bretecher e Gotlib sta prendendo forma un nuovo linguaggio fumettistico.

Le 1975 fonda la casa editrice “Les Humanoides Associés” con Druillet, Dionnet e Farkas e la rivista “Metal Hurlant” sulle cui pagine Moebius definirà il suo stile particolare che sarà ammirato da moltissimi autori in tutto il mondo. Metal Hurlant è una rivista rivoluzionaria su cui Moebius si può sperimentare storie assolutamente nuove per stile grafico narrativo, come “Arzach” (1976), “Il garage ermetico” (1979).

Nel 1975 Jodorowsky lo contatta per progettare un film tratto dal romanzo “Dune” di Frank Herbert. Purtroppo il progetto non vedrà mai la luce ma grazie questo contatto Moebius viene conosciuto nel mondo del cinema e lo sceneggiatore Dan O’Bannon scriverà per lui la sceneggiatura del racconto “The Long Tomorrow”.

Con Alejandro Jodorowsky inizia a disegnare le avventure della serie de “L’Incal” (1980-88) con protagonista John Difool e la sua mascotte una sorta di pterodattilo in miniatura.

Sempre con Jodorowsky disegna anche “Sulla Stella” primo racconto della serie “Il mondo di Edena”.

Nel 1980 entra a far parte del gruppo Iso-Zen di Jean-Paul Appel-Guery, uomo carismatico che afferma di essere in contatto con una razza evoluta di alieni, tramite trance. Moebius diventa vegetariano e si trasferisce a Tahiti con i partecipanti del gruppo da cui si allontanerà in seguito per andare a Los Angeles per alcuni lavori cinematografici.

I suoi disegni hanno catturato anche l'attenzione di grandi registi cinematografici con cui ha collaborato per diversi film: Alien (1979) di Ridley Scott (concept artist per tute e costumi), Les Maitres du temps (1982) di Rene Laloux (story-board e disegni), Tron (1982) di Steven Lisberger (concept artist), Abyss (1989) di James Cameron (concept artist) e ancora Il quinto elemento (1997) di Luc Besson (designer artist), per citare solo i principali.

A metà degli anni Ottanta, Jean Giraud si trasferisce negli Stati Uniti per sviluppare i suoi progetti cinematografici oltre alla scrittura delle sue sceneggiature.

Qui fonda insieme alla moglie Claudine e ai coniugi Jean Marc e Randy Lofficier la Starwatcher Graphic, società che cura i suoi diritti negli U.S.A. Grazie a questa società tutti i suoi lavori vengono editati dalla Epic, branca della Marvel.
Su sceneggiatura di Stan Lee disegna due episodi di Silver Surfer.

Nel 1988 ritorna in Francia e insieme a una nuova famiglia continua la sua carriera, riprendendo la serie simbolo Blueberry ai testi e ai disegni (Mister Blueberry, Ombre su Tombstone, Dust, Ok Corral, Geronimo l'Apache, Apaches, sono i volumi realizzati interamente), il prosieguo delle storie legate al Mondo di Edena (La Dea, Stel, Sra, I Riparatori), La pazza del sacro cuore, ancora in coppia con Jodorowsky, e altri progetti cinematografici: Starwatcher, Arzak Rapsody, Laplanète encore.

Nel 1997 fonda una propria casa editrice insieme alla moglie Isabelle, la Moebius Production / Stardom, che ha pubblicato la serie “Inside Moebius” e l'ultimo albo di Arzak, “L'Arpenteur”, oltre a edizioni limitate di prestigio. La casa editrice realizza anche serigrafie, digigraphies e organizza mostre dedicate alla sua opera.

I suoi lavori sono stati esposti in innumerevoli personali in tutto il mondo, dall'Europa al Giappone, dagli Stati Uniti alla Corea, e dopo l'eccezionale incontro con il regista Hayao Miyazaki per l'esposizione che li ha visti protagonisti insieme, al prestigioso Museo de la Monnaie di Parigi nel 2004, una definitiva esposizione retrospettiva, dal titolo MOEBIUS-TRANSE-FORME, l'ha consacrato come uno tra i più grandi artisti contemporanei, presso i magnifici spazi della Fondazione Cartier a Parigi, dall'ottobre 2010 al marzo 2011.

Il suo ultimo lavoro è un enorme affresco murale (175 m2) che la città di Montrouge, dove ha vissuto negli ultimi anni, gli aveva commissionato per il nuovo centro culturale e congressuale Le Beffroi. Il centro, inaugurato a settembre 2012, ha dedicato la sala teatrale principale all'artista, intitolandola quindi “Salle Moebius”.

Muore a Parigi il 10 marzo del 2012.

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La fantasia creatrice

 E’ uno degli elementi che ritorna spesso nelle illustrazioni di Moebius. Come l'illustrazione che appare nel volume che inizia “Il fallico folle”: Moebius si autoritrae mentre sta per schioccare le dita e da questo piccola energia, questo piccolo movimento, si crea una deformazione, la materia è il segno prendono vita si trasformano si metamorfizzano, divenendo una sorta d'uovo, una roccia che a sua volta esplode in mille pezzi che a loro volta rimangono sollevati nell'aria mentre fra i resti della roccia sparsi sul terreno, appare in piccolo, di nuovo, lo stesso Moebius.

È il rapporto tra la forza creatrice della fantasia dell'autore e lo spazio bianco del foglio che sta davanti ad esso: la divisione del foglio in nove riquadri diventa la struttura narrativa, il medium del fumetto, il disegno nella sua logica concatenate diventa la concretizzazione delle idee, della fantasia dell'uomo.

 La teoria dei frattali è forse la soluzione che più ci avvicina alla forza creatrice di Moebius. Le sue vignette non rispondono a geometrie euclidee, ai canonici assi cartesiani XYZ, o delle prospettive rinascimentali (pur destreggiandole abilmente da un punto di vista tecnico).

 In “Moebius - cosmogonie, architetture e arabeschi” (Alessandro & Marina s.a.s. 1992) Daniele Brolli definisce lo stile di Moebius paragonandolo all’action painting americano e al dripping di Jackson Pollock: “ (…) sebbene Moebius, in quanto disegnatori di fumetti, abbia l'elemento plastico come fattore iconografico basilare, il suo segno sembra seguire e rendere intelligibile una scia di molecole pazienti che attendono sul foglio un intervento della mano dell'artista che le riconosca trasformandole nelle linee costitutive di creature altrimenti indistinguibili. (…) Allo stesso modo del dripping di Pollock, la sua gestualità rientra in un processo creativo in cui l'intelletto ha ceduto il posto all'intuizione. Si affida alla spontaneità per districarsi in mezzo alle infinite combinazioni dissimulate nella pagina bianca e recuperare i contorni dei propri disegni in mezzo a quelli di tutti gli altri possibili: gli estrae dalla superficie destreggiandosi con leggerezza e velocità nella grande memoria universale dell'immaginario".

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Il nastro del matematico Moebius

 E’ un paradigma matematico, un problema di ordine scientifico, e l'affascinante manifestazione di qualcosa di inspiegabile, inaspettato. Qualcosa che ci suggerisce che esistono strade non scoperte al di là del nostro quotidiano. Moebius sembra vivere proprio in questo spazio, con la sua matita ricerca la porta di passaggio tra questo e quel mondo, che dà una superficie conduce all'altra. Così come nel medioevo si ricercava la porta dell’”ortus conclusus” che del mondo terreno, pervaso dal male, dal peccato, dalle malattie, dal dolore conduceva al paradiso terrestre.

 Nello stesso modo Jean Giraud si trasforma in Moebius passando dal più reale Blueberry (inscritto in una scansione delle vignette ortogonali e regolari) verso spazi assolutamente inesplorati. In questo nuovo mondo possono esistere le creature più fantastiche: draghi volanti, immensi pterodattili, giganti pelosi, vegetali vampiri e creature da incubo. Esseri generati dall'inconscio dove abbiamo nascosto per troppo tempo le nostre paure più profonde. Quei timori, quelle fobie, schiacciate ed imprigionate per troppo tempo, hanno fermentato e si sono trasformate in mostri orripilanti. Dando loro libertà attraverso il disegno Moebius cerca di guarire da queste forme psicotiche, il fumetto diventa allora una forma espressiva altamente simbolica, dove vengono utilizzati anche gli automatismi dell'inconscio già scoperti dai surrealisti e i giochi ludici che trasformano il disegno quasi in una medicina come i Fauves e Matisse. La capacità visionaria diventa quindi lo strumento principe e primario per la creazione, il segno precede l'immaginazione. E solo l'autore che sa gestirlo con forza ne tiene le redini riuscendo a creare storie ed immaginari fantastici, senza che questi prendano sopravvento portandoli nella nel mondo perduto del caos.

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La forma di una storia

Nel 1975 sul quarto numero della rivista Metal Hurlant, Moebius indica quelli che a suo parere sono i metodi per poter scrivere una storia fumetti, così come avevano fatto prima di lui grandi autore nel descrivere tutti i metodi per scrivere una storia, una favola, un giallo o un altro tipologia di narrazione. Alla fine dell'editoriale Moebius arriva questa conclusione: “non c'è alcuna ragione perché una storia sia come una casa con una porta per entrare, dalle finestre per guardare gli alberi e un cammino per il fumo… Si può benissimo immaginare una storia in forma d'elefante, di campo di grano o di fiammella di cerino.”

 Con le storie di Arzach e la nascita di Moebius l'autore da libero sfogo alla sua fantasia creatrice, all'intuizione, negando una costruzione programmatica della narrazione attraverso la sceneggiatura e il soggetto.

Anche il segno sembra tracciato quasi con casualità, eppure la morbidezza di quel tratto, la sinuosità di quella linea che si muove libera nello spazio dimostra una conoscenza della materia tanto intima da riuscire a descrivermi anche i più piccoli anfratti, le minuscole crepe, i dettagli di un cosmo infinito, presente, infinitamente piccolo.

 Nella storia “Il garage ermetico di Jerry Cornelius” la vicenda si arriccia su se stessa, continuando ad aprire nuove finestre, nuove strade attraverso le quali intravedere il percorso di chiusura della narrazione, nuove chiavi di lettura. Sono tutte illusioni. La narrazione di Moebius e quella della negazione della narrazione. L'universo narrativo continua a muoversi, a cambiare le sue regole, a cambiare le sue strutture tridimensionali o di tempo. Le sue storie sono scatole cinesi dove continuano a mutare le strutture spaziali e temporali. L'ambiente stesso diventa il riflesso sensibile dei personaggi che lo abitano.

 La meraviglia è una delle forme della narrazione, improvvisamente si aprono spazi d'architetture strabilianti davanti all'occhio del lettore e del protagonista, ma subito queste cambiano faccia, mutano la loro struttura, per portarci verso altri stupori in una forma quasi barocca.

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Ulteriori approfondimenti:

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Storyboard realizzato per il film Dune

 

 

 

 

 


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