Kentaro Miura
Berserk
Nel vasto panorama dei fumetti giapponesi pubblicati nello stivale uno dei titoli di punta è Berserk, manga di ambientazione fantasy medioevale, disegnato dal trentaquattrenne Kentaro Miura, qui alla sua prima opera solista dopo la fruttuosa collaborazione con Buronson, già autore dei testi di Ken il guerriero.
All’interno di un mondo violentissimo si muove un guerriero dal carattere oscuro, Gatsu, che, con l’aiuto della sua gigantesca spada e del piccolo elfo Pak, dovrà portare a termine la missione di sconfiggere i cinque della mano di Dio, colpevoli di avergli inflitto una maledizione. Nel suo continuo peregrinare, Gatsu incontrerà numerosi personaggi, amici e nemici che ne segneranno il destino di guerriero maledetto. L’ambientazione di Berserk è connotata da alcuni elementi tipicamente fantasy come elfi e mostri e da altri di origine medioevale, frutto della meticolosa ricerca storica dell’autore.
L’aspetto che colpisce inizialmente il lettore è la violenza, ed è attraverso questa che Miura caratterizza la trama, utilizzando un lungo, bellissimo flashback che riporta all’infanzia del protagonista. Il ritmo è piuttosto serrato e tiene il lettore sempre sulla corda in attesa di nuovi scontri e rivelazioni, che Miura distribuisce sapientemente.
Berserk (secondo la tradizione germanica, il berserki era un uomo che, indossando in battaglia delle pelli d’orso o di lupo, poteva trasformarsi nell’animale di cui indossava la pelle, assumendo una forza sovrumana ed un’inviolabilità ai colpi avversari) è un fumetto, per ammissione dello stesso autore (vedi Man-Ga 9 edito da Planet Manga), ricco di riferimenti e che attinge ad atmosfere eterogenee: film come Il nome della rosa o l’horror Hellraiser; la letteratura fantasy ed anche aspetti della storia medievale europea, come l’Inquisizione.
Per quanto riguarda i disegni, Miura sfoggia un tratto che, pur non essendo particolarmente realistico, si discosta dallo stile più comune dei disegnatori giapponesi, soprattutto per quanto riguarda le fattezze dei personaggi. Il taglio degli occhi e l’espressione facciale non sono infatti cartoonistici (cosa che accomuna invece altri disegnatori conosciuti in Italia, come Hagiwara, Aoyama oppure Asamia), ma più curati nei particolari (le rughe dei personaggi più anziani) e ricchi di sfumature. Bisogna sottolineare qualche leggerezza sul piano dell’anatomia (in particolare nelle tavole delle battaglie), che comunque non inficia la qualità globale del fumetto, e anche una evoluzione del tratto dell’autore, che ha iniziato a lavorare all’opera dal 1989 ininterrottamente fino ad oggi (la serie è ben lontana dalla conclusione). Un discorso a parte merita la caratterizzazione grafica dei paesaggi, delle costruzioni e dei mostri; frutto della documentazione svolta dall’autore. Le influenze grafiche di Miura provengono da disegnatori come Escher, illustratori come Dorè oppure pittori come Bruegel (il giovane) o Bosch. Per i mostri Miura ha invece attinto niente meno che da Frank Frazetta.
Articolo di Emanuele Pintore, redazione di Rorschach (http://go.to/rorschach)
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