La buona temperie

Testi di Gabriele Ferrero - disegni di Alfonso Cucinelli

“Quante anime vidi vagare nel mio argonautico viaggio. Giunsi nel labirinto armonico, giardino mistico di perfetta bellezza in cui l’aurora, con grazia assoluta, ascendeva al trono del cielo. Cantavo con voce di non-pensiero”.

Parlare oscuramente e con severità per celebrare la Luce e la bellezza è la necessaria contraddizione da cui si muove la nostra introduzione. Una necessità per cui questa pagina non intende fornire una precisa chiave di lettura al testo che segue. Ci piacerebbe che ogni persona avveduta si guardasse bene dal proseguire la lettura di questa nota o, tutt'al più, la riprendesse solo dopo aver concluso quella del racconto che introduce. Suggerire alcunché, aggiungendo nuovi elementi a un testo già concluso, rappresenterebbe un nesso fuorviante per il lettore. Ogni scritto, infatti, porta dentro di sé il messaggio di cui è capace, nulla di più, nulla di diverso e, sostanzialmente, questo non muta di forza e di valore con l'aumentare del numero di parole spese in suo favore. Unico invito che sentiamo di fare è di porre estrema attenzione alla natura del narrato, che potremmo definire, in maniera empirica, un autobiografismo impersonale. Nel racconto, il soggetto narrante non è una precisa forma corporea, quanto una più completa essenza vitale. Il suo “non-essere” rappresenta il superamento della dimensione egoica. Il corpo animico, spogliato dell'aspetto grossolano, terrestre, si spinge oltre la realtà fisica senza coglierne il fine ultimo. Le normali azioni restano più in basso, così asservite al conseguimento di un facile successo personale. Spogliarsi del proprio Io e abbandonare il mondo delle illusioni, di quegli inganni che si nascondono in qualsiasi aspetto quotidiano del vivere, potrebbe essere il messaggio di fondo, ma rimane a voi decidere se la questione è realmente questa.