Valigia 92 vuota empty
di Oliver D'Auria
Ci sono momenti casuali nella nostra vita che attendiamo con impazienza. Ci sono valigie che custodiamo nei nostri armadi e che contengono ciò che ci permette di vivere e gioire. Ci sono momenti preziosi in cui si incontrano autori come Oliver D’Auria, che sanno raccontare storie ed emozioni con la stessa forza ed intensità con cui vivono la loro vita. Questa è una di quelle occasioni, ed io, se fossi in voi, non la perderei per nessuna ragione al mondo!
L'autore di questa storia, Oliver, mi ha raggiunto l’altra sera in studio per consegnarmi le tavole da lui disegnate. Sempre in ritardo, si è fermato a fare gli ultimi ritocchi. Alcuni ripassi, il lettering, qualche nero. Attorno all'una di notte, dopo diverse lattine di birra, mi ha chiesto se avevo una tortina. Gli ho dato una grossa fetta di Pandoro in uno splendido piatto di vetro. Mentre assorto scriveva mi ha confidato questo pensiero: "Quando tocchiamo un foglio di carta con un dito, anche se non ce ne accorgiamo ne leviamo un’infinitesima parte, uccidiamo dei microrganismi, mutiamo la sua struttura. E' una piccolissima cosa, che apparentemente non modifica la nostra percezione. Ma in realtà ogni volta che vediamo qualcosa, che incontriamo qualcuno, è come se toccassimo con un dito il nostro cervello e così, anche se per un infinitesimale minuzia, la nostra vita cambia. Non dovremmo mai perdere queste occasioni.”
Lo scopo per cui era nata la collana de iminimi, edita dallo Sciacallo Elettronico e DeFalco editore, è proprio questo. Un piccolissimo momento, spero prezioso, della vostra vita. Un formato speciale per una collana speciale, pulsante di idee e depositaria di piccoli tesori, che sappia risvegliarci dal torpore quotidiano. Per sperimentare forme espressive slegate da ogni genere. Tascabili da leggere in treno, in metropolitana, per la strada, fra un bacio e l'altro, da conservare in un angolo segreto o da regalare a chi più ci piace.
Oliver se n’è andato verso le tre di notte. La fetta di pandoro è rimasta sul mio tavolo, ma ho notato che sulla sua superficie c'era l’impronta inconfondibile di un dito.